Oreste Piccioni: storia di un Nobel negato

1959. Emilio Segrè e Owen Chamberlain ricevono il premio Nobel per la scoperta dell’antiprotone. Pochi sanno, però, che l’ideazione e l’input principale per la scoperta degli antiprotoni è opera di un altro fisico Italiano di nome Oreste Piccioni.

Nato a Siena nel 1915, Oreste Piccioni, pur avendo superato l’ammissione alla Normale di Pisa, si trasferisce a Roma dove si laurea in Fisica con Enrico Fermi. Durante gli anni della seconda guerra mondiale, lavora assieme a Conversi e Pancini con i quali riesce ad identificare il muone, fondando quella che oggi è conosciuta come “fisica delle particelle elementari”. Nonostante questa importantissima scoperta, nessuno dei tre studiosi vinse il premio Nobel.

La strumentazione che il trio Conversi, Pancini e Piccioni utilizzò per la scoperta del muone è oggetto di un aneddoto molto interessante.

Sembra che nella seconda metà del Luglio 1943, gli alleati bombardarono la città di Roma colpendo anche una parte degli edifici universitari. In quella circostanza i locali della Facoltà di Fisica furono risparmiati, ma, temendo un secondo attacco e per proteggere l’apparecchiatura appena ultimata, Conversi e Piccioni trasferirono tutto il loro laboratorio negli scantinati del liceo Virgilio nei pressi del Vaticano che, grazie ad accordi internazionali, non poteva essere bombardato. Fu proprio in questa sede che furono poste le basi per la scoperta del muone avvenuta dopo la liberazione di Roma.

Quella del muone non è stata l’unica scoperta di Piccioni. Quest’ultimo, infatti, mette a punto tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, un apparato, chiamato cosmotrone, molto simile al bevatrone della Berkeley in California dove lavorava Segrè. In occasione di un congresso, Piccioni incontra Segrè ed assieme decidono di fare degli esperimenti per l’individuazione dell’antiprotone. Tuttavia, Segrè realizza gli esperimenti assieme a Chamberlain durante l’assenza di Piccioni il quale si trova, quindi, escluso dalla pubblicazione grazie alla quale i due vincono il premio Nobel.

Nonostante Segrè e Chamberlain avessero riconosciuto i suoi meriti sia nel lavoro del 1955 che nel discorso di assegnazione del Nobel nel 1959, Piccioni è sempre stato tenuto dietro le quinte con promesse varie.

Scrive Di Trocchio nel suo libro sulle bugie nella scienza che:

“Segrè riuscì a convincerlo a desistere da passi ufficiali promettendogli che se fosse stato zitto avrebbe ricevuto dei “favori” dalla potente comunità dei fisici di Berkeley. Piccioni aveva molto bisogno di quell’aiuto perché il suo carattere estroso e le simpatie di sinistra continuavano a far ritardare la sua pratica per ottenere la cittadinanza americana. Oltretutto c’era chi lo trattava in modo molto più duro di Segrè. Quando infatti si era azzardato a scrivere una lettera di protesta a Ernest Orlando Lawrence, premio Nobel nel 1939, e allora direttore del Radiation Laboratory dove si trovava il Bevatron, ottenne solo di essere perentoriamente convocato e poi ammonito, in presenza di altri due premi Nobel, a non creare ulteriori disturbi. Uno dei due Nobel presenti a quella discussione era Edwin McMillan, che assunse la carica di direttore alla morte di Lawrence nel 1958. Non appena seppe dell’assegnazione del Nobel a Segrè e Chamberlain Piccioni tornò di nuovo alla carica e si presentò nel suo ufficio. In presenza di Segrè, McMillan gli promise che se fosse stato zitto avrebbe fatto in modo di usare la sua influenza perché egli fosse raccomandato per il conferimento di un premio Nobel.  Fu per queste promesse che Piccioni decise di tacere e di aspettare. Ma aspettò troppo e quando si rese conto che tutti ormai si erano dimenticati del Nobel promesso si decise a far causa. Troppo tardi. Il tribunale riconobbe che il comportamento di Segrè aveva causato notevoli danni alla sua carriera ma non poteva certo conferirgli quel Nobel che si era troppo ingenuamente lasciato scappare. Oltretutto quando nel 1972 egli si decise a rivolgersi alla legge tutta la comunità scientifica gli fu contro perché aveva osato portare nell’aula di un tribunale, per la prima volta in duemila anni di storia della scienza, una polemica che tutti consideravano soltanto scientifica. Uno scienziato che volle rimanere anonimo dichiarò a Deborah Shapley che raccontò la vicenda su «Science»: «Queste sono accuse che si possono fare davanti ad un bicchiere di birra e allora magari riesci anche ad ottenere comprensione e simpatia ma esprimerle ufficialmente ed in pubblico è condannabile da ogni punto di vista».”

In una comunicazione di Piccioni a Conversi del 1971, il primo evidenzia:

“It is a fact which I have discovered, in my silent, so to say, litigation with Segrè and Chamberlain, that people have two notions in their mind as to why they work in scientific research. One is that when they have something of their own interest in question, they would kill their mother in order to have a little bit more credit. But the other one is that we should all work for the beauty of science or maybe for the benefit of mankind, not asking for credit whatsoever. It is amazing how many of our colleagues live their entire life on this double standard, but they do.”

Il passo in grassetto evidenzia che il mondo scientifico è fatto da esseri umani che, pur di assurgere alla gloria dei libri di testo, sarebbero disposti a tutto. In effetti ancora oggi esistono scienziati che passerebbero sopra ogni cosa per i loro interessi personali (il caso Wakefield e la falsa correlazione autismo-vaccini è l’esempio recente)

 

Per saperne di più

F. Di Trocchio, Le bugie della scienza, Ed. Oscar Mondadori

http://www.scienzainrete.it/italia150/oreste-piccioni

http://www.treccani.it/enciclopedia/oreste-piccioni_(Dizionario-Biografico)/

https://agenda.infn.it/getFile.py/access?resId=0&materialId=slides&confId=2016

Fonte dell’immagine di copertinahttp://www.guidetothecosmos.com/about.htm

 

 

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