Effetto Paperino

Oggi mi sono imbattuto in un filmato molto divertente in cui due persone, dopo aver bevuto una birra all’elio, hanno cominciato a parlare con la voce di Paperino.

Ecco il filmato:

Divertente, vero?

Come mai quando respiriamo elio la nostra voce assume toni acuti?

Dovete sapere che l’emissione dei suoni è legata ad un meccanismo mediato dall’azione di corde vocali, faringe e bocca. Le prime, situate nella laringe (Figura 1), si avvicinano tra loro, si allontanano o vengono  tese (insomma, vibrano) grazie all’azione di alcuni muscoli. Sono proprio le vibrazioni delle corde vocali a generare il suono che si propaga attraverso l’aria che respiriamo.

Figura 1. Anatomia della gola (Fonte)

La frequenza del suono emesso da una sorgente che vibra è inversamente proporzionale alla radice quadrata della densità del mezzo in cui il suono si propaga. In altre parole, più denso è il mezzo, più bassa è la frequenza del suono. Più bassa è la densità del mezzo, maggiore è la frequenza del suono. Nel primo caso sentiamo suoni gravi, nel secondo sentiamo suoni acuti. Guardate il video qui sotto per conoscere meglio le caratteristiche dei suoni.

L’aria atmosferica, costituita da circa il 79% di azoto molecolare, il 20% di ossigeno molecolare e dall’1% di altri gas come anidride carbonica, argon etc., è mediamente otto volte più densa dell’elio. Questo vuol dire che il suono emesso dalle vibrazioni delle corde vocali attraversate dall’aria atmosferica ha una frequenza circa tre volte più bassa rispetto a quella del suono che si propaga attraverso l’elio (il “tre volte” viene fuori dal rapporto della densità dell’aria rispetto a quello dell’elio. La radice quadrata di 8 è 2.9, ovvero circa 3). La conseguenza di quanto appena scritto è che il suono che si propaga attraverso l’aria atmosferica è più grave di quello che si propaga attraverso l’elio. L’effetto finale quando respiriamo l’elio da un palloncino o beviamo birra addizionata di questo gas, come nel primo filmato di questa nota, è la caratteristica voce di Paperino.

Per saperne di più

Anatomia della gola

La propagazione del suono 1 e 2

Fonte dell’immagine di copertinahttp://cinetramando.blogspot.it/2011/12/paperino-donald-duck-walt-disney.html

I dolcificanti parte III. Il potere dolcificante

Da un po’ di tempo sto studiando gli edulcoranti e nel mio vagabondare tra siti internet e libri di vario genere, incontro informazioni nuove e sempre molto interessanti. Ho già scitto in merito ad aspartame e saccarina. I due articoletti possono essere letti qui. Nei commenti a questi due articoletti  sui vari social network in cui sono stati pubblicati, mi è stato chiesto di fare un confronto tra i diversi edulcoranti in termini di qualità dolcificante.

Come facciamo a stabilire quale edulcorante è il più dolce?

Esiste un parametro, chiamato “potere dolcificante”, che ci consente di confrontare la capacità degli edulcoranti di dare un sapore dolce all’alimento in cui essi sono contenuti.

Il potere dolcificante viene misurato rispetto ad una sostanza “dolce” di riferimento.  La sua definizione prevede che esso vada inteso come il rapporto tra la concentrazione di una soluzione di saccarosio (il normale zucchero da tavola) e quella dell’edulcorante che ha la stessa intensità di sapore. In altre parole, prendiamo il saccarosio (sostanza di riferimento) e ne sciogliamo una quantità nota  in acqua;  attribuiamo il valore 1 al suo sapore (per esempio, assegniamo potere dolcificante pari a 1 ad una soluzione di 1 g di saccarosio in 1 L di acqua).  A questo punto prepariamo soluzioni a concentrazioni differenti di un edulcorante qualsiasi. Confrontiamo il sapore di queste soluzioni con quella di 1 g/L di saccarosio. Se la soluzione contenente la quantità X g/L di dolcificante ha sapore uguale alla soluzione di saccarosio 1 g/L, allora il suo potere dolcificante (PX) è dato dal rapporto 1 (g/L) / X (g/L), ovvero:

PX = 1/X

e possiamo dire che il dolcificante ha dolcezza X volte quella del saccarosio.

Alla luce di quanto scritto,  si può comprendere il significato dei numeri riportati nella  tabella sottostante

Sostanza Potere dolcificante
Lattosio 0.200
Galattosio 0.220
Maltosio 0.320
Sorbitolo 0.540
Mannitolo 0.700
Glucosio 0.740
Saccarosio 1
Fruttosio 1.5
Ciclammato 35
Aspartame 200
Acesulfame K 200
Saccarina 400

Il glucosio ha un potere dolcificante pari a 0.740. Significa che 1.00 g di glucosio sciolto in 0.740 L di acqua hanno lo stesso sapore di 1.00 g di saccarosio disciolto in 1.00 L di acqua:

[saccarosio] = 1.00 g/1.00 L = 1.00 g/L

[glucosio] = 1.00 g/0.740 L = 1.35 g/L

PGlu= [saccarosio]/[glucosio] = 1.00 (g/L) / 1.35 (g/L) = 0.740

Se, invece, ci riferiamo alla saccarina, si ha:

[saccarina] = 1 g /200 L = 0.00250 g/L

PSaccarina = [saccarosio]/[saccarina] = 1/0.00250 = 400

In altre parole, occorre sciogliere più di 1 g di glucosio e solo 2.5 mg di saccarina in 1 L di acqua, rispettivamente, per ottenere lo stesso sapore di 1 g/L di saccarosio.

Conclusioni

Il potere dolcificante è molto utile per fare un corretto uso degli edulcoranti. Tuttavia, si tratta di un parametro il cui valore dipende da tanti fattori. Tra questi, i più importanti sono temperatura e concentrazione. Non bisogna dimenticare, però, che anche le sensazioni soggettive giocano un ruolo importante. Infatti, stabilire cosa abbia un sapore identico a quello di una qualsiasi sostanza di riferimentio significa fare i cosiddetti “panel test”. Questi consistono nel far assaggiare a delle persone un alimento. Queste persone, poi, devono stabilre sulla base delle loro sensazioni – che dipendono da tante cose, incluse lo stato di salute soggettivo – se l’alimento sotto indagine è identico o meno a quello di riferimento. Il potere dolcificante, in definitiva, va preso con le pinzette. Un esempio è dato dalla tabella su riportata che è estrapolata da un libro molto noto nella chimica degli alimenti (Cappelli, Vannucchi (2000) Chimica degli alimenti, seconda ed., Zanichelli); i valori del potere dolcificante lì riportati sono diversi rispetto a quelli di altri riferimenti come quello che potete trovare qui (sempre dalla Zanichelli).

Fonte dell’immagine di copertina: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26027

Luce e colore

 

Quando la luce colpisce un oggetto essa può essere assorbita, può attraversarlo o può essere riflessa. Le intensità della luce assorbita e di quella riflessa dipendono dalla lunghezza d’onda della luce incidente. In particolare, un qualsiasi oggetto che viene colpito dalla luce ordinaria ed assorbe tutte le radiazioni dello spettro luminoso visibile senza restituirne alcuna ai nostri occhi, appare nero; se riflette tutte le radiazioni dello spettro luminoso, il colore risultante dalla combinazione di tutte le radiazioni riflesse è il bianco; se l’oggetto assorbe solo un certo numero di radiazioni luminose tranne alcune, esso appare del colore generato dalla combinazione delle diverse radiazioni riflesse; se ad essere riflessa è una sola radiazione, l’oggetto appare del colore descritto dalla lunghezza d’onda della singola radiazione riflessa.

Cosa vuol dire “assorbimento della luce” a livello molecolare?

Quando la luce incide su un corpo, possono avvenire delle transizioni elettroniche. In altre parole, gli elettroni coinvolti nella formazione dei vari legami passano da un orbitale[1] ad un altro ad energia più elevata. Più vicini sono gli orbitali tra cui avviene la transizione elettronica e meno energia occorre perché essa avvenga. Nel caso di sistemi di natura organica, la distanza tra gli orbitali contigui tra cui avvengono le transizioni elettroniche si riduce all’aumentare del numero di doppi legami coniugati[2] presenti nelle molecole. Per questo motivo, molecole con un gran numero di legami coniugati sono in grado di assorbire gran parte della radiazione elettromagnetica e di conferire al macro-sistema in cui essi si trovano (per esempio i tessuti di una foglia oppure quelli di una carota) un colore corrispondente alla luce che viene riflessa. Per illustrare meglio questo concetto si faccia riferimento alla Figura 1. In essa si riporta, sull’asse orizzontale, lo spettro della radiazione elettromagnetica (la luce) tra circa 350 e circa 700 nm, ovvero nell’intervallo del visibile; sull’asse verticale si riporta la percentuale di assorbimento della radiazione luminosa; la curva arancione si riferisce all’assorbimento della luce da parte dei carotenoidi di cui un rappresentante, il β-carotene, è riportato in alto a sinistra. Si noti come i picchi di assorbimento siano compresi nell’intervallo 350-550 nm; la conseguenza è che la luce giallo-arancio (lunghezza d’onda, λ, > 550 nm) è quella che viene riflessa. Per questo motivo i tessuti vegetali che contengono i carotenoidi (per esempio le carote) appaiono arancioni.

Figura 1. Spettri di assorbimento dei carotenoidi e della clorofilla

La Figura 1 mostra anche i picchi di assorbimento della clorofilla-b la cui struttura è in alto a destra. Ci sono diversi massimi di assorbimento nell’intervallo tra 400 e 500 nm e tra 600 e circa 700 nm. Non c’è alcun assorbimento intorno ai 570 nm, ovvero la lunghezza d’onda della luce di colore verde. Il risultato è che i tessuti vegetali che contengono la clorofilla-b appaiono di colore verde. Quando la clorofilla si degrada, spariscono i massimi di assorbimento descritti e la colorazione delle foglie vira al giallo-arancio-rosso.

 Ancora una volta la chimica mostra tutto il suo fascino. Fenomeni che possono sembrare magici hanno un significato riconducibile alle caratteristiche più intrinseche della materia. E la materia ci appare in tutta la sua poesia.

Suggerimenti

Al seguente link una bellissima poesia tradotta da Popinga, al secolo Marco Fulvio Barozzi:  http://keespopinga.blogspot.it/2015/10/un-atomo-nelluniverso.html

Note

[1] Un orbitale è una zona dello spazio attorno al nucleo di un atomo in cui esiste la più elevata probabilità di poter trovare un elettrone in movimento.

[2] Senza prendere in considerazione la teoria dei legami chimici, per semplicità si può dire che i doppi legami coniugati sono doppi legami alternati tra diversi atomi di carbonio come nel seguente caso: -C=C-C=C-C=C-C=C-

Fonte dell’immagine di copertina: https://www.inkcartridges.com/blog/graphic-design/how-color-psychology-influences-your-print-design/

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