Come funzionano le maschere filtranti

In questi giorni di crisi in cui siamo costretti ad essere chiusi in casa per salvaguardare la salute nostra e di chi ci è caro, ci si annoia, si legge un libro, si gioca al computer, si vede un film, si lavora (i più fortunati come me possono farlo dal computer), si cucina…si fanno, insomma, tutte quelle attività che per i nostri nonni in tempo di guerra  erano “normali”.

In questa situazione di crisi sanitaria capita di vedere di tutto. Quello che colpisce me è il gran numero di persone che fa uso di mascherine anche in situazioni in cui risultano inutili. Quanti di voi hanno visto automobilisti circolare da soli con la mascherina? E quanti sono quelli che portano a spasso il cane indossando la mascherina in zone solitarie dove è facile tenersi a distanze di sicurezza?

Al di là di ogni tipo di considerazione personale in merito all’uso delle mascherine, tutti noi siamo sicuramente venuti a conoscenza delle disposizioni delle autorità sanitarie che raccomandano l’uso delle mascherine solo a persone infette da coronavirus o a coloro che si trovano ad assistere queste persone. Per tutti gli altri le mascherine sono inutili.

Ma ci siamo mai chiesti come funziona una mascherina e perché le autorità danno certi consigli?

Io mi sono chiesto come diavolo funziona una mascherina ed è per questo che scrivo questo post: ho deciso di annoiarvi ancora più di quel che già non siete annoiati cercando di spiegarvi in cosa consiste questo oggetto che viene catalogato sui luoghi di lavoro come “dispositivo di protezione individuale” o “DPI” ed il cui uso è normato dal D.Lgs. 81/08.

Le dimensioni delle polveri sottili

In molti luoghi di lavoro il personale si trova ad operare in presenza di aerosol e polveri sottili. Queste ultime vengono in genere indicate come PMx, dove la x indica le dimensioni delle particelle espresse in μm.

Quando parliamo di aerosol e polveri sottili stiamo intendendo sistemi che, indipendentemente dalla loro composizione chimica, hanno delle dimensioni molto variabili. Se esse sono comprese tra 2 nm e 2 μm stiamo avendo a che fare con sistemi colloidali che rimangono dispersi in aria per effetto delle loro dimensioni. Grazie ad esse, infatti, la forza di gravità non è in grado di prevalere sulle forze dispersive  come, per esempio, la repulsione tra cariche elettriche oppure le interazioni con le molecole di aria. Come conseguenza, le suddette particelle rimangono disperse in aria fino a che non intervengono fattori che consentono alla forza di gravità di predominare e permettere la deposizione al suolo delle stesse.

Le dimensioni delle polveri sottili in parole povere

Per darvi una idea di cosa significhino i numeri scritti sopra, tenete presente che il nm (si legge nanometro) corrisponde ad un miliardesimo di metro, mentre il μm (si legge micrometro) corrisponde ad un milionesimo di metro. Considerando che la lunghezza di un legame chimico, come il legame C-H, è di circa 0.1 nm, ne viene che 2 nm è una dimensione che corrisponde a circa 20 volte la distanza carbonio-idrogeno, mentre 2 μm corrisponde a circa 20000 volte la stessa distanza. Questo non vi dice ancora nulla, vero? In effetti, se uno non ha studiato chimica non si rende conto di quanto sia piccolo un legame chimico. Allora guardiamo la foto di Figura 1. Si tratta di un acaro della polvere le cui dimensioni sono di circa 0.5 mm, ovvero circa 250 volte più grande di 2 μm che rappresenta il limite superiore dell’intervallo dimensionale in cui ricadono le particelle colloidali. La foto di Figura 1 è stata ottenuta al microscopio elettronico. In altre parole, gli acari della polvere non sono visibili ad occhio nudo. Potete, ora, facilmente immaginare che neanche le particelle colloidali lo siano.

Figura 1. Immagine di un acaro della polvere (Fonte)

Mi potreste dire: “ma cosa dici? Non è vero. Io posso vedere le particelle di smog” (queste nell’immaginario comune sono intese come polveri sottili). Mi dispiace informarvi che le particelle che voi vedete a occhio nudo hanno dimensioni molto più elevate di quelle comprese nell’intervallo 2 nm-2 μm (diciamo almeno più di 1000 volte più grandi), mentre le particelle le cui dimensioni ricadono nell’intervallo anzidetto non le potete vedere se non con la microscopia elettronica. Quando le particelle sono così piccole, l’unico effetto visibile è quello che va sotto il nome di “Effetto Tyndall”. In pratica, la luce che “incontra” le particelle colloidali viene dispersa in tutte le direzioni (Figura 2) con la conseguenza che una soluzione appare opaca o l’aria appare “nebulosa”.

Figura 2. Rappresentazione schematica dell’Effetto Tyndall
Ma cosa c’entra questo con le maschere filtranti?

Come vi dicevo, in molti posti di lavoro, il personale entra in contatto con le polveri sottili. Queste sono pericolosissime per noi dal momento che possono innescare tante patologie, prime tra tutte quelle di tipo respiratorio. I datori di lavoro, quindi, sono obbligati a fornire ai propri dipendenti i dispositivi di protezione individuale tra cui le mascherine. Queste sono in grado di filtrare le polveri sottili che sono presenti nell’aria e di impedire che esse vengano inalate. Esistono almeno tre tipologie di maschere filtranti che vengono indicate con le sigle FFP1, FFP2 e FFP3. La sigla “FFP” sta per “Face Filtering Piece” mentre i numeri da 1 a 3 indicano l’efficacia del filtraggio. In particolare, le maschere FFP1 proteggono da polveri atossiche e non fibrogene la cui inalazione non causa lo sviluppo di malattie, ma può, comunque, irritare le vie respiratorie e rappresentare un inquinamento da cattivi odori. Le maschere FFP2 proteggono da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi dannosi per la salute. In questo caso le maschere intercettano anche particelle fibrogene, ovvero sistemi che, a breve termine, causano irritazione delle vie respiratorie, mentre a lungo termine comportano una riduzione dell’elasticità del tessuto polmonare. Le maschere FFP3 proteggono da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi tossici e dannosi per la salute. Queste maschere sono in grado di proteggere da sostanze nocive cancerogene e radioattive.

La protezione assicurata da queste maschere è di tipo fisico. Più spesso è lo strato di materiale filtrante, più efficace è la protezione. Le maschere di tipo FFP1 consentono di “intercettare” particelle più grandi di 5 μm; le maschere FFP2 consentono di “intercettare” particelle di dimensioni maggiori di 2 μm; le maschere di tipo FFP3 sono capaci di “intercettare” particelle di dimensioni  maggiori di 0.6 μm, ovvero particelle di dimensioni circa 1000 volte più piccole dell’acaro in Figura 1. Tuttavia, le particelle colloidali le cui dimensioni sono comprese tra 0.2 nm e 0.6 μm possono ancora arrivare ai nostri polmoni e causare danni.

E virus e batteri?

Come avrete capito, è tutta questione di dimensioni. In genere i batteri hanno dimensioni pari a circa 0.45 μm, mentre i virus dimensioni comprese nell’intervallo 0.020-0.300 μm. Questo significa che nessuna delle mascherine di cui si è discusso finora sarebbe in grado di trattenere sistemi aventi le predette dimensioni. Tuttavia, se virus e batteri “viaggiano” attaccati a particelle colloidali le cui dimensioni sono almeno superiori a 0.6 μm, allora essi possono essere bloccati dalle maschere filtranti di tipo FFP3. In effetti, le case produttrici di mascherine riportano che le maschere di tipo FFP3 vanno bene per proteggere da esposizione a legionella (un batterio largo tra 0.3 e 0.9 μm e lungo tra 1.5 e 5 μm) e virus quali quelli dell’influenza aviaria, dell’influenza A/H1N1, SARS, e tubercolosi. Bisogna comunque tener presente che lo strato filtrante della mascherina tende ad esaurirsi. La maschera perde la sua efficacia e va sostituita. Cosa vuol dire questo? Che le mascherine FFP sono monouso. Se le si usa in città, magari durante una passeggiata, non vi state difendendo da virus e batteri, ma semplicemente dal particolato sospeso dovuto alla contaminazione ambientale.  Quando tornate a casa dovete buttare via la mascherina e sostituirla con un’altra. Se la usate per difendervi da virus e batteri è perché non state facendo una passeggiata in mezzo ai gas di scarico, ma siete operatori sanitari che devono entrare in contatto con le gocce di saliva di pazienti infetti. La maschera, grazie alla sua azione filtrante, impedisce che questi mezzi veicolanti di patogeni finiscano nel nostro organismo. Dopo l’uso, la maschera va comunque buttata via e sostituita.

E le maschere chirurgiche?

Queste non hanno nulla a che vedere con le maschere di tipo FFP. Mentre queste ultime proteggono dall’inalare sistemi tossici, le maschere chirurgiche hanno il compito di impedire che i chirurghi possano contaminare le ferite dei pazienti durante gli interventi chirurgici. Quindi, le maschere chirurgiche servono per difendere il paziente, non il medico.

Mascherina sì, mascherina no?

Alla luce di tutto quanto scritto, ne viene che è meglio tenersi lontani dalle mascherine fai da te: no carta da forno, no assorbenti, no altre robe raffazzonate. Non servono a nulla. L’unico modo per proteggersi da virus e batteri è seguire le istruzioni di chi ne capisce di più, ovvero dell’Istituto Superiore di Sanità.

Altre letture e riferimenti

Se volete conoscere la fonte delle dimensioni dei pori delle maschere filtranti, cliccate qui: https://www.uvex-safety.it/it/know-how/norme-e-direttive/respiratori-filtranti/significato-delle-classi-di-protezione-ffp/ e qui: http://www.antinfortunisticaroberti.it/news-dett.php?id_news=133 

Se volete avere notizie aggiuntive in merito alle caratteristiche delle maschere filtranti, cliccate qui: https://www.lubiservice.it/blog/mascherine-ffp1-ffp2-e-ffp3-differenze-e-consigli

Se volete sapere quali sono i meccanismi di funzionamento di una maschera filtrante, potete accedere a questa interessante serie di diapositive: http://www.ausl.fe.it/azienda/dipartimenti/sanita-pubblica/servizio-prevenzione-sicurezza-ambienti-di-lavoro/materiale-informativo/corso-utilizzo-dpi-per-operatori-dsp-ottobre-2016/faccaili-filtranti-uso-corretto

Se volete conoscere la fonte da cui è presa l’informazione in merito al filtraggio di alcuni  batteri e virus, cliccate qui: https://www.seton.it/dpi-protezione-respiratoria.html

Se volete conoscere la fonte delle dimensioni dei virus, cliccate qui: https://www.chimica-online.it/biologia/virus.htm

Se volete conoscere la fonte delle dimensione del batterio della legionellosi, cliccate qui: http://www.unpisi.it/docs/PUBBLICAZIONI/ARTICOLI/bonucci%20badii%20legionella.pdf

Se volete sapere di più sull’utilità dei DPI, cliccate qui: https://medicalxpress.com/news/2020-03-masks-gloves-dont-coronavirus-experts.html

Fonte dell’immagine di copertina

Ringraziamenti.

Grazie a Paolo Alemanni e Francesca Santagata per avermi aggiornato sulle norme relative alla sicurezza sul lavoro

 

8 risposte a “Come funzionano le maschere filtranti”

  1. Condivido la dotta e documentata esposizione, Chiedo solo un chiarimento sull’uso delle maschere antipolvere, Se mettiamo a confronto le maglie della mascherina con la grandezza dei virus non c’è storia, in pratica e come cercare di fermare dei moscerini con una rete per le galline, ma se i virus sono dispersi in goccioline di saliva sicuramente di dimensioni diverse, la maschere antipolvere può essere utile o no, e meglio di niente o no?

    1. Come dice il nome, queste mascherine sono anti polvere. Il problema della diffusione dei virus è che essi viaggiano agganciati alle particelle di aerosol prodotte, per esempio, con uno starnuto. Le maschere antipolvere bloccano le gocce di dimensioni pari a quelle della polvere, ma sono inefficaci contro le particelle colloidali. Quando uno starnuta produce particelle di ogni dimensione, per cui la maschera antipolvere non intercetta le particelle più piccole che finiscono comunque nei nostri polmoni. Allo stesso modo, se uno parla in modo normale, emette particelle di saliva che hanno dimensioni variabili. Quelle colloidali non vengono intercettare e le inaliamo. Quindi, a meno che uno non voglia difendersi da uno sputo, le maschere antipolvere non servono a nulla. Servono al contrario per limitare la immissione in aria di particelle di saliva contenenti i virus quando uno è infetto. Quindi non servono per proteggersi, ma per proteggere

    2. Secondo me non servono a fermare i virus. Il tuo esempio sulla rete delle galline, per fermare i moscerini fa capire alla grande cosa siano i virus. È vero che sono trasportati dalle gocce, ma come è già stato detto possono essere molte piccole ed arrivare ai nostri polmoni e poi chi ci può assicurare che qualche virus non passi perché essendo piccolissimi non trovando ostacoli, arrivino direttamente nei nostri alveoli polmonari. Se passa l’aria che dobbiamo respirare, passeranno sicuramente anche i virus.

      1. Per causare la malattia non è sufficiente uno o pochi virus che arrivano ai polmoni ma il quantitativo deve essere sufficientemente grande, la cosiddetta “carica infettante”. Per questo motivo qualsiasi dispositivo o comportamento che permetta di non raggiungere la carica infettante è utile per proteggersi.

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