Nomine e cortocircuiti: quando l’antiscienza entra nei comitati scientifici

È di queste ore la notizia che il ministro della salute, Orazio Schillaci, ha nominato nel Gruppo Tecnico Consultivo Nazionale sulle Vaccinazioni (NITAG) due tecnici, Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle, dalle posizioni, in più occasioni espresse pubblicamente, in contrasto con quanto riportato nella letteratura scientifica più accreditata (quest’ultima può essere rappresentata dagli articoli riportati qui, qui, qui e qui).

Che cos’è il NITAG?

Dal sito del Ministero della Salute apprendiamo che: Il NITAG è un Organo indipendente col compito di supportare, dietro specifica richiesta e su problematiche specifiche, il Ministero della Salute nella formulazione di raccomandazioni “evidence-based” sulle questioni relative alle vaccinazioni e alle politiche vaccinali, raccogliendo, analizzando e valutando prove scientifiche.

In altre parole, si tratta di un comitato scientifico che, sulla base di prove scientifiche inoppugnabili, consente al Ministero della Salute e, quindi, al Governo di prendere decisioni importantissime in merito a problematiche relative alla salute pubblica.

Chi è Paolo Bellavite

Bellavite è un medico che fino a qualche anno fa ha ricoperto il ruolo di Professore Associato in Patologia Generale presso l’Università di Verona. Le sue posizioni in merito ai vaccini sono riportate sia in interviste che nei libri che ha scritto e pubblicato. In particolare, egli dice di non essere contrario ai vaccini in quanto tali, ma critica duramente quella che definisce una “ideologia vaccinista”. A suo avviso, la narrazione dominante che presenta i vaccini come soluzione unica e infallibile si configura come un dogma che soffoca il dibattito scientifico e il pensiero critico. “Non ha nulla a che fare con la scienza”, ha affermato in un’intervista, parlando di un clima in cui “l’odio vaccinale è la tomba della medicina”.

Autore del libro “Vaccini sì, obblighi no”, Bellavite contesta soprattutto l’obbligatorietà della vaccinazione, sostenendo che il consenso informato debba restare alla base di ogni trattamento sanitario. Il professore ha anche espresso dubbi sull’efficacia a lungo termine dei vaccini anti-Covid e sulla loro capacità di limitare la diffusione del virus, ricordando che “i vaccinati possono infettarsi e trasmettere il virus, a volte anche più dei non vaccinati”.

Dal punto di vista immunologico, Bellavite mette in guardia contro le possibili conseguenze di una stimolazione eccessiva del sistema immunitario attraverso dosi ripetute. E sull’aspetto etico sottolinea: “Siamo ancora nella fase sperimentale. Ha ragione chi ha paura”.

Naturalmente, egli è anche un forte sostenitore della pratica omeopatica. Infatti, Paolo Bellavite sostiene che l’omeopatia non sia una moda passeggera, ma l’espressione di un profondo cambiamento culturale e scientifico che mette in discussione i limiti dell’attuale paradigma medico meccanicistico e molecolare. Questo approccio tradizionale, pur avendo ottenuto importanti risultati, non ha saputo affrontare efficacemente la complessità biologica e clinica, spesso riducendo la medicina a una frammentazione iperspecialistica. L’omeopatia, al contrario, propone una visione sistemica del paziente, centrata sull’individualità, sulla totalità dei sintomi e sulla stimolazione dei processi endogeni di guarigione, concetti che si allineano con la scienza della complessità. Bellavite rivendica per l’omeopatia una dignità scientifica, sostenendo che essa possa essere studiata con metodi sperimentali avanzati e integrata razionalmente nella medicina moderna. Si oppone con forza a ciò che definisce una campagna denigratoria nei confronti dell’omeopatia da parte dei media e di alcuni esponenti del mondo accademico, accusandoli di diffondere affermazioni false senza consentire un contraddittorio serio e competente. Pur riconoscendo il valore di farmaci convenzionali e vaccini in determinate circostanze, Bellavite li considera soluzioni alternative da adottare solo dopo aver tentato approcci più naturali e fisiologici, come omeopatia, fitoterapia, agopuntura, corretta alimentazione e igiene. In questa visione, l’omeopatia non è solo una medicina possibile, ma una medicina vera e prioritaria, da contrapporre a un uso troppo disinvolto e sintomatico della farmacologia convenzionale.

Chi è Eugenio Serravalle

Serravalle è laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale. Egli ha più volte preso posizione contro la vaccinazione di massa dei bambini, soprattutto in relazione al Covid-19. Secondo lui, l’infezione da SARS-CoV-2 non rappresenta un’emergenza sanitaria tra i più piccoli e i potenziali rischi della vaccinazione superano i benefici. “Tutti gli studi scientifici affermano che non vi è alcuna emergenza Covid tra i bambini”, ha dichiarato in un’intervista.

Serravalle contesta anche l’efficacia dei vaccini nel prevenire il contagio, soprattutto con l’avvento delle varianti come Omicron. Secondo la sua analisi, in alcuni casi i vaccinati si infettano più dei non vaccinati e l’immunità acquisita naturalmente sarebbe più duratura. Per questo, a suo dire, non sussistono i presupposti per raggiungere l’immunità di gregge né per giustificare obblighi o pressioni vaccinali.

Oltre ad essere un medico, Eugenio Serravalle risulta diplomato in Omeopatia Classica presso la Scuola Omeopatica di Livorno e svolge attività didattica come professore presso l’Accademia di Omeopatia Classica Hahnemanniana di Firenze.

Come Bellavite, quindi, anche Serravalle è un forte sostenitore dell’omeopatia.

In un articolo intitolato “Il Dr. Eugenio Serravalle risponde a Maurizio Crozza sull’Omeopatia”, Serravalle replica alle battute ironiche del comico Crozza sostenendo con fermezza l’efficacia e la correttezza della pratica omeopatica. Scrive:

“Abbiamo una regolare laurea in medicina… e se abbiamo adottato la terapia omeopatica è perché, evidentemente, ne abbiamo sperimentato l’efficacia.”

“Non si può essere venditori di fumo quando si curano pazienti… e tra questi pazienti sono numerosi i bambini e gli animali che non sono influenzabili dall’effetto placebo.”

Con questa risposta, Serravalle rigetta la critica secondo cui l’omeopatia sarebbe solo “fumo” o priva di efficacia, affermando invece di aver osservato personalmente risultati tangibili, anche in soggetti difficilmente influenzabili da placebo.

Quando i conti non tornano

A leggere le dichiarazioni dei due nominati, si potrebbe pensare di essere davanti a voci “fuori dal coro” che invitano alla cautela. Ma basta andare oltre la superficie per capire che non si tratta di sano scetticismo scientifico: siamo, piuttosto, di fronte a posizioni che, alla luce delle evidenze scientifiche disponibili, risultano in contrasto con il consenso della comunità scientifica. Ed è qui che inizia il vero problema.

Il punto centrale è che un organismo tecnico chiamato a esprimere pareri qualificati in materia di salute pubblica deve basarsi su conoscenze aggiornate e scientificamente inoppugnabili. Non può diventare il ricettacolo di discussioni inutili fatte in nome di una presunta “pluralità di opinioni”. Il concetto di democrazia politica è completamente diverso  – e molto lontano – da quello di democrazia scientifica. In una democrazia politica è legittimo avere opinioni diverse su come affrontare un problema di gestione della res publica. In ambito tecnico-scientifico, invece, un’opinione non qualificata non ha lo stesso peso di quella di chi possiede competenze specifiche e fondate sull’evidenza.

Ecco perché, per esempio, ci fu la levata di scudi del mondo accademico agrario quando si paventò l’ingresso di esponenti della biodinamica in tavoli tecnici per l’assegnazione di fondi all’agricoltura.

A mio avviso, il Ministro ha preso decisioni discutibili, in nome di una pluralità di opinioni che, in ambito scientifico, non ha alcun senso. Sta ora tentando di mettere delle pezze a questa scelta, dimenticando che anche lui è un medico e ha responsabilità che vanno ben oltre la sua funzione politica.

Se mai un responsabile istituzionale si trovasse nella condizione di dover cedere a compromessi, la scelta più coerente con la difesa della scienza sarebbe quella di rassegnare le dimissioni. Servirebbe, come nel caso della biodinamica, una sollevazione compatta del mondo scientifico e medico. Nel frattempo, nel mio piccolo, continuo a far sentire la mia voce e auspico che tutti gli organismi professionali – dagli ordini alle società scientifiche – facciano sentire la loro, in difesa della medicina basata sulle prove e della salute pubblica.

Il cortocircuito dell’antiscienza

Le posizioni di Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle non sono semplicemente “opinioni alternative” in un dibattito tra pari. Non si tratta di ricercatori che presentano dati nuovi, pronti a essere vagliati e discussi dalla comunità scientifica: qui non c’è nessun dato nuovo. C’è, piuttosto, un riciclo di tesi contestate e smentite dalla letteratura scientifica, che riaffiorano come vecchie erbacce tra le crepe del discorso pubblico.

Con l’omeopatia il copione lo conosciamo bene: una pratica nata oltre due secoli fa, costruita su concetti come “similia similibus curentur” e “dinamizzazione”, mai dimostrati in modo riproducibile. Nei miei articoli – dalla presunta memoria dell’acqua (link) alle più recenti fantasie agronomiche (link) – ho mostrato come la letteratura scientifica di qualità non abbia mai trovato un effetto dell’omeopatia superiore al placebo. Chi la difende, spesso, non lo fa su basi sperimentali, ma su convinzioni personali, esperienze aneddotiche o richiami a un presunto “cambiamento di paradigma” che non trova riscontro in alcun dato.

Sul fronte dei vaccini, il meccanismo è simile: si selezionano singoli studi, si estrapolano dati fuori contesto, si enfatizzano le incertezze inevitabili di ogni processo scientifico per far passare l’idea che “non sappiamo abbastanza” o che “i rischi superano i benefici”. Nei miei pezzi – da antivaccinisti ed immunità di gregge a vaccini e corretta informazione scientifica – ho spiegato come l’evidenza accumulata su milioni di dosi mostri una riduzione netta di ospedalizzazioni e decessi.

Quando Bellavite parla di “fase sperimentale” per i vaccini anti-Covid, non sta facendo un’osservazione prudente: formula un’affermazione che non trova riscontro nei dati scientifici, perché quei vaccini hanno completato tutte le fasi di sperimentazione necessarie per l’autorizzazione. Quando Serravalle afferma che “i vaccinati si infettano più dei non vaccinati”, non menziona i dati che mostrano come, pur con una protezione dall’infezione che diminuisce nel tempo, la vaccinazione resti una barriera fondamentale contro le forme patologiche gravi e le loro complicanze.

La contraddizione diventa lampante quando entrambi propongono l’omeopatia come alternativa o complemento “prioritario” alla farmacologia. Il mandato del NITAG è basato sull’evidence-based medicine, e l’omeopatia non rientra in alcuna linea guida internazionale sul trattamento o la prevenzione di malattie infettive. È paragonabile, per incoerenza, a nominare un negazionista del cambiamento climatico in un comitato per la transizione ecologica: il risultato è solo quello di minare la credibilità dell’organo stesso.

Il problema, però, non è solo tecnico. È culturale. Dare spazio istituzionale a posizioni non supportate da dati scientifici significa legittimare un messaggio pericoloso: che le evidenze scientifiche siano opinioni e che la sanità pubblica possa essere guidata da convinzioni personali. È il cortocircuito dell’antiscienza: quando la politica apre la porta a teorie già confutate, la fiducia nelle istituzioni si sgretola e i cittadini restano più esposti a bufale e disinformazione. Come ho scritto altrove  – qui e qui – quando la pseudoscienza entra dalla porta principale, la salute pubblica rischia di uscire dalla finestra.

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