Anche i Nobel sbagliano? Il caso della ferroelettricità

Nei giorni passati è apparsa sui quotidiani nazionali una notizia che è stata ripresa anche da diverse testate di divulgazione scientifica (qui, qui e qui, per esempio). In questa estate torrida e piuttosto noiosa, è stata data enfasi ad una comunicazione apparsa sulla rivista Nature firmata da un gruppo di ricerca, tra cui alcuni Italiani (qui). Questi colleghi hanno parzialmente smentito quanto riportato in un articolo su Nature del 2012 (qui) di cui uno degli autori è il famoso J. Frazer Stoddart che nel 2016 è stato insignito del premio Nobel per la sintesi delle macchine molecolari (ne ho parlato qui).

Cerchiamo di vederci chiaro.

Il principio di autorità

Innanzitutto, voglio evidenziare che nel mondo scientifico non si applica alcun principio di autorità; ciò che viene affermato da ognuno è messo sotto la lente di ingrandimento ed analizzato da tutti quanti sono interessati a quel determinato settore. La conseguenza è che, con una adeguata preparazione scientifica, è possibile confutare anche i modelli elaborati da scienziati che sono insigniti del famosissimo premio Nobel.

Un esempio delle strane ipotesi messe a punto da premi Nobel e smentite dalla comunità scientifica è la memoria dell’acqua di Montagnier di cui ho già discusso qui, qui, qui e qui.

La ferroelettricità

Sapete cos’è la ferroelettricità?

Se interroghiamo l’Enciclopedia Britannica (famosa enciclopedia molto in uso quando ero piccolo), si legge:

la ferroelettricità è una proprietà di certi cristalli non conduttori, o dielettrici, che esibiscono una polarizzazione elettrica spontanea (separazione tra il centro delle cariche positive e quello delle cariche negative tale che una faccia del cristallo è caricata positivamente mentre l’altra negativamente) la cui direzione può essere invertita mediante l’applicazione di un appropriato campo elettrico. […] I materiali ferroelettrici, come il titanato di Bario ed i sali di Rochelle, sono fatti da cristalli in cui le unità strutturali sono piccoli dipoli elettrici; in altre parole, in ogni unità, il centro delle cariche negative è separato da quello delle cariche positive. In alcuni cristalli, questi dipoli elettrici si allineano a formare dei cluster indicati come domìni. Questi ultimi sono orientati predominantemente in una data direzione sotto l’azione di un intenso campo elettrico. L’inversione della direzione del campo elettrico inverte anche l’orientazione preferenziale dei domìni anzidetti. Tuttavia, il cambiamento di direzione dei domìni avviene con ritardo rispetto al cambiamento della direzione del campo elettrico applicato. Questo ritardo è anche indicato come isteresi ferroelettrica.

Se masticate l’Inglese e volete sapere più in dettaglio qualcosa sui materiali dielettrici e sulla loro interazione con i campi elettrici, potete seguire la lezione del Prof. Lewin famoso per le scenografie delle sue lezioni di fisica:

Il corso completo di fisica del Prof. Lewin è qui.

Ma torniamo a noi.

I materiali ferroelettrici ed il lavoro del premio Nobel Stoddard e collaboratori

I materiali ferroelettrici sono molto interessanti perché possono essere utilizzati per la costruzione di sensori, banchi di memoria e nella fotonica.

Nel 2012 appare su Nature un articolo (in realtà una Letter) dal titolo: “Room-temperature ferroelectricity in supramolecular networks of charge-transfer complexes“. Tra gli autori J. Frazer Stoddart che, come già evidenziato, nel 2016 è stato insignito del premio Nobel per la sintesi delle macchine molecolari. In effetti le macchine molecolari non sono altro che un tipo particolare di sistemi supramolecolari esattamente come i “supramolecular networks” di cui si parla nell’articolo sulla ferroelettricità del 2012.

Cosa hanno fatto questi autori?

Hanno sintetizzato dei complessi organici a trasferimento di carica [1] combinando a due a due i composti indicati da 1 a 4 in Figura 1 attraverso la tecnica conosciuta come Lock-Arm Supramolecular Ordering (LASO) [2].

Figura 1. Complessi molecolari con proprietà ferroelettriche: 1-2, 1-3 e 1-4 (Fonte della figura a questo link)

I complessi ottenuti e designati con le sigle  1-2, 1-3 ed 1-4 di Figura 1 hanno presentato delle eccezionali proprietà ferroelettriche a temperatura ambiente.

Tutto normale. Un gruppo di studiosi ha fatto una scoperta che può avere degli interessanti sviluppi tecnologici ed ha scritto un rapporto che è stato accettato per la pubblicazione su una delle riviste più importanti del panorama scientifico.

Il lavoro degli Italiani

La notizia non è il lavoro di Stoddard e Co. per quanto esso possa essere importante sotto l’aspetto scientifico. La notizia che ha destato l’attenzione dei giornalisti nostrani è che un gruppo di ricercatori, tra cui diversi  Italiani, ha riprodotto le sintesi riportate nello studio di Stoddard (qui). Le analisi hanno mostrato che i complessi ottenuti erano del tutto simili a quelli la cui sintesi era riportata nel lavoro del 2012. Tuttavia, quando sono state misurate le proprietà ferroelettriche dei complessi ottenuti, è stato scoperto che due dei tre complessi a trasferimento di carica non mostravano le proprietà descritte da Stoddard e collaboratori (Figura 2).

Figura 2. Assenza di ferroelettricità (Fonte a questo link)

Naturalmente la non riproducibilità delle proprietà ferroelettriche di prodotti ottenuti da un premio Nobel ha trovato la giusta visibilità sulla stessa rivista che nel 2012 aveva ospitato le proprietà ferroelettriche a temperatura ambiente dei composti anzidetti.

Ma andiamo oltre, perché quasi nessuno ha riportato della risposta di Stoddard e collaboratori.

In coda alla comunicazione dei ricercatori Italiani (qui) è riportata  anche la confutazione scritta dai responsabili del gruppo di ricerca che ha descritto le proprietà ferroelettriche a temperatura ambiente dei materiali 1-2, 1-3 ed 1-4 di Figura 1. Stoddard et al. rispondono che i processi di cristallizzazione descritti da D’avino et al. hanno prodotto dei cristalli con dei difetti ai quali sarebbe imputabile la non osservazione delle proprietà ferroelettriche. La risposta di Stoddard et al . si conclude con un interessantisimo invito:

“We offer to share our materials and devices, and to host the authors of the accompanying Comment at Northwestern University in an effort to clarify all discrepancies in reproducibility”
Conclusioni

Il titolo che ho deciso di dare a questa nota è “anche i Nobel sbagliano?”. In realtà non c’è stato alcun errore. L’episodio che ho descritto in questa nota e che con eccessiva enfasi è stato comunicato dai maggiori quotidiani e siti di divulgazione nostrani, fieri che degli italiani abbiano smentito un premio Nobel, dimostra solo una cosa: il mondo scientifico è estremamente democratico. Chiunque può permettersi di fare uno studio e smentire ciò che è stato detto da qualche nome famoso. Ciò è quanto è sempre accaduto. E’ proprio questo a consentire l’avanzamento delle nostre conoscenze. Tuttavia, non basta buttare lì la prima cosa che passa per la testa oppure ritenere che una qualsiasi maggioranza di persone possa influenzare in qualche modo una evidenza scientifica. Per poter aprire una discussione produttiva come quella riportata nelle pagine di Nature, occorre dedizione allo studio e preparazione. Senza questi ingredienti non è possibile instaurare alcun dialogo con nessuno.  Bravi certamente i colleghi Italiani. Ma bravi tutti quelli che si dedicano con coscienza ed abnegazione allo sviluppo delle nostre conoscenze.

Non si può dialogare con scienziati della domenica o pseudo intellettuali come quelli che popolano le fila di chi è a favore della biodinamica, dell’omeopatia o dell’antivaccinismo. Queste persone non hanno alcuna caratura intellettuale ed una qualsiasi apertura al dialogo le metterebbe sullo stesso piano di chi lavora seriamente in ambito scientifico.

Note ed approfondimenti

[1] Un complesso a trasferimento di carica è un sistema in cui una molecola (o un dominio molecolare) ricca di elettroni interagisce con un sistema chimico (molecola, dominio molecolare o metallo di tansizione) povero di elettroni in modo tale da formare un legame in cui si realizza un trasferimento di carica negativa dal donatore di elettroni all’accettore di elettroni. Per saperne di più potete cliccare qui.

[2] La Lock-Arm Supramolecular Ordering, indicata con l’acronimo LASO, è una procedura per la sintesi di complessi molecolari a trasferimento di carica. Si tratta di un approccio di tipo modulare in cui moduli molecolari ricchi di elettroni vengono fatti co-cristallizzare in presenza di altri moduli molecolari poveri di elettroni. Entrambi i moduli (donatori ed accettori di elettroni) sono costruiti in modo tale da avere delle braccia flessibili attraverso le quali essi sono in grado di interagire mediante legami a idrogeno.  L’efficienza del processo di cristallizzazione è assicurata proprio dalla flessibilità della braccia anzidette che consentono la massima complementarietà tra  i moduli. L’azione cooperativa del legame a trasferimento di carica e dei legami a idrogeno consente di ottenere sistemi binari in cui le proprietà donatore-accettore sono interscambiabili così da ottenere proprietà ferroelettriche migliorate rispetto a complessi ottenuti con strategie sintetiche differenti. Per saperne di più cliccate qui.

Fonte dell’immagine di copertina: https://www.researchgate.net/publication/257972728_Statistical_mechanical_origin_of_hysteresis_in_ferroelectrics

 

Scienza patologica

Nel 1953, Irving Langmuir coniò la locuzione “scienza patologica” per indicare le convinzioni pseudo scientifiche dure a morire. In pratica si tratta di una condizione secondo la quale un autore, innamorato delle sue idee, fatica a vedere che le prove sperimentali non confermano il suo modello, ma, anzi, lo smontano di sana pianta. Quando si verifica questa situazione, la perseveranza diventa scienza patologica o quella che oggi può essere chiamata pseudo scienza.  Nell’idea originale di Langmuir, la scienza patologica sí identificava con una involontaria cattiva pratica scientifica per cui uno scienziato non era in grado di distinguere i fatti reali dalla sua immaginazione.

Oggi, ad oltre sessanta anni di distanza dall’introduzione di questa locuzione, il concetto di “scienza patologica” ha assunto significati molto più ampi. Infatti, essa si riferisce non solo alla involontaria perseveranza in posizioni indifendibili attraverso quello che viene indicato come “cherry picking” [1], ma anche alla sciente volontà di perpetrare frode scientifica attraverso l’invenzione ex novo di dati sperimentali, oppure col plagio, oppure con l’approfittare di una propria posizione dominante per imporre la citazione impropria di studi già pubblicati. In quest’ultimo caso la volontà è quella di incrementare artificialmente il fattore di impatto di una rivista oppure quello di uno o più autori particolari [2, 3].

Nonostante l’esecrabilità del comportamento di scienziati che dovrebbero agire con onestà intellettuale il sistema immunitario del mondo scientifico riesce a lavorare bene e ad isolare le mele marce. Ma fino a quando potrà funzionare? Non sarebbe, forse, il caso di cambiare approccio per la valutazione della qualità della ricerca e fare in modo che i parametri quantitativi come impact factor e h-index perdano un poco della loro significatività?

Riferimenti e note

  1. Il cherry picking è l’azione in base alla quale, di un insieme di dati sperimentali, vengono presi in considerazione solo quelli che confermano le proprie idee
  2. http://www.pellegrinoconte.com/2017/03/11/caso-di-scorrettezza-scientifica/
  3. https://www.journals.elsevier.com/geoderma/news/from-the-editors-letter-to-the-geoderma-community

Fonte dell’immagine di copertina: http://www.physics.mcgill.ca/physics-matters/

La scienza è malata?

Le notizie che compaiono ultimamente in merito a fatti che di scientifico hanno poco o nulla, mi portano a delle riflessioni.

Faccio parte del mondo scientifico. Ho fatto questa scelta di vita fin dai tempi del liceo pensando di accedere ad un mondo fatto di sogni dove poter realizzare il mio spirito “salgariano” di avventure nel mondo del microscopico, di ciò che non si può vedere se non con la fantasia.

Durante la mia vita scientifica ho incontrato tante persone meravigliose, ma altrettante abbiette e degne solo di disprezzo.

Ancora mi ricordo delle sensazioni che ho provato quando Morris Schnitzer, il padre della chimica delle sostanze umiche, si alzò dalla platea per salire sul palco dove avevo appena finito la mia presentazione in cui lo attaccavo pesantemente, per stringermi la mano e complimentarsi con me. Io avevo 31 anni, lui era sulla settantina. In quel momento ho avuto sentimenti contrastanti ed ho capito quello che deve essere un vero scienziato. Mi sono sentito orgoglioso per quel riconoscimento che mi veniva dalla vecchia guardia, ma nello stesso tempo mi sono sentito umiliato perché quella persona non meritava l’attacco ad alzo zero che avevo fatto. Tra i due, io avevo un deficit di signorilità; il Prof. Schnitzer, dall’alto della sua esperienza, sapeva che prima o poi sarebbe arrivato un giovane a far progredire il campo di cui lui era stato fondatore; se lo aspettava perché questo è il mondo scientifico. Ci si fanno domande, si cerca di dare una risposta. È quella giusta? Non lo so. Di sicuro lo è sulla base delle conoscenze del momento, fino a che qualcuno non si alza e dice “guardiamo le cose da un altro punto di vista” e nasce qualcosa di nuovo.

Credo che questo sia ciò che tutti noi, che apparteniamo a questo mondo, dovremmo fare. Non a tutti è dato fare delle rivoluzioni, ma tutti possiamo, e dobbiamo, contribuire a che ciò si verifichi. Anche il lavoro oscuro di chi non sarà mai ricordato è preziosissimo. È proprio sul lavoro di questi “stregoni” oscuri che si costruiscono le basi per l’avanzamento delle conoscenze.

Eppure siamo tutti umani. Quando il proprio egocentrismo prevale sul mondo ideale fatto principalmente di sogni, accadono cose spiacevoli. Accade che un Wakefield si inventi dei dati su una correlazione inesistente vaccini/autismo; accade che uno Schoen si inventi di sana pianta dati sperimentali sui superconduttori organici; accade che dei Fleischmann e Pons interpretino dei fenomeni casuali invocando quella che potrei definire la pietra filosofale della chimica nucleare; accade che qualcuno si inventi dati sulla tossicità, finora inesistente, degli organismi geneticamente modificati; accade che qualcuno, operando come revisore, bocci un lavoro per sostituire il nome del legittimo autore col proprio; accade anche che, approfittando della propria posizione dominante, editors di riviste più o meno importanti impongano citazioni, anche fuori luogo, ad autori di studi inviati a quelle stesse riviste. Lo scopo è  incrementare in modo artificioso il valore di quei parametri che il mondo scientifico ha deciso di utilizzare per classificare la qualità delle diverse tipologie di ricerca.

Sono utili questi parametri? La risposta a questa domanda non è facile perché una risposta affermativa implicherebbe che esistono ricerche di serie A e ricerche di serie B. Significherebbe, nel mondo ideale, classificare la conoscenza né più né meno come fece Gentile con la sua riforma nel 1923: la ricerca tecnico-scientifica non è conoscenza; la cultura e la conoscenza è solo quella umanistica. Non si terrebbe, quindi, conto del fatto che tutti i saperi, da quelli matematici, fisici, chimici, a quelli storici, letterari etc, contribuiscono all’accrescimento della qualità della vita umana.

Una risposta negativa alla domanda succitata implicherebbe una scarsa considerazione della realtà in cui ci troviamo a vivere. Le risorse economiche ed umane sono limitate. Cosa e chi finanziare prima? Da qui la necessità di valutazioni quanto più oggettive possibili per poter stabilire, per esempio, che la salute umana viene prima della grotta di Platone.

Come in tutte le cose, però, in medio stat virtus.  Una ricerca sulla SLA è certamente importante per tantissime persone che soffrono le pene dell’inferno, ma altrettanto importante è poter rispondere alle tante domande sul ruolo che noi esseri umani abbiamo nel mondo in cui viviamo. Finanziare studi di un certo tipo prima di altri di diversa natura, va bene, ma tutta la conoscenza deve essere supportata. Non esiste una cultura di serie A ed una di serie B.

Purtroppo, devo aggiungere, la ricerca economy-driven sta generando mostri.  Carriere di sognatori sono nelle mani di pochi individui senza scrupoli che pur di lasciare un segno nei libri di storia pensano che ogni mezzo sia lecito per raggiungere l’obiettivo. Piuttosto che lavorare per migliorare la qualità delle proprie conoscenze, del proprio modo di porsi di fronte a chi conosce meno, pensano ad alterare artificialmente dati e numeri in modo da innalzare i parametri che servono per salire sempre più in alto nelle classifiche in modo da avere privilegi che non meritano.

Il mondo scientifico non differisce dalla società civile. In realtà ne è lo specchio fedele. Nella società civile ci sono milioni di persone che operano tutte assieme per migliorare la qualità del sistema in cui devono vivere. Tuttavia, ci sono anche migliaia di imbroglioni ed imbonitori che operano attuando atteggiamenti mafiosi e truffaldini. Allo stesso modo, nella società scientifica ci sono migliaia di persone oneste che operano facendo del loro meglio e cercando di apportare miglioramenti per il bene di tutti. Tuttavia, ci sono pochi mediocri che fanno tanto rumore e che operano imbrogliando. Approfittano delle loro posizioni dominanti per imporre il loro punto di vista mediocre quanto loro.

La scienza è malata? Non più di quanto lo sia la società civile. La cosa importante è non sottomettersi e combattere contro le intimidazioni ed i ricatti. C’è chi nella società civile ci ha rimesso la vita. Ricordo i tanti Falcone e Borsellino che hanno alzato la testa ed hanno detto “NO!”. Anche nel mondo scientifico ci sono tanti che dicono “NO!” e che sono felici di rimanere nell’anonimato e di pagare in prima persona per il loro “NO!” con l’ostracizzazione, la mancanza di fondi, i ricatti morali. Ciò che è importante è inseguire i propri sogni. Il sogno della propria dignità personale viene prima di tutto. Ben vengano le operazioni che tanti fanno per evidenziare ed ostracizzare le mele marce.

Immagine di copertinaPablo Picasso, Scienza e carità, 1897, Barcellona, Museo Picasso

Scienza e paranormale. Considerazioni serali di uno studioso annoiato.

È da un po’ di tempo che frequento la rete. Nel 2009 mi sono iscritto a Facebook e, nel tempo, mi sono trovato a gestire diversi gruppi di carattere scientifico. Sono intervenuto con commenti più o meno pacati in diverse discussioni e mi sono sempre trovato ad affrontare persone che non avevano, e non hanno, idee chiare in merito alla scienza ed al suo impatto sulla società. Tra le varie discussioni, per lo più serali, avute in rete ne ricordo una con un utente in merito al rapporto tra scienza e paranormale. Questo utente si chiedeva :

Scienza e Paranormale: è possibile un incontro tra le due materie per un confronto costruttivo con pari dignità e rispetto o rimangono due mondi incompatibili ed agli antipodi nelle rispettive prigioni mentali?

Cerco di argomentare per chiarire cosa realmente penso del paranormale.

Da una banale ricerca in wikipedia, si trova che paranormale è “quel presunto fenomeno (detto anche anomalo) che risulta contrario alle leggi della fisica e agli assunti scientifici e che, se misurato secondo il metodo scientifico,risulta inesistente o, nel caso di fenomeno esistente, comunque spiegabile sulla base delle conoscenze attuali”. In altre parole il fenomeno paranormale è un fenomeno anomalo sul quale non è possibile, allo stato attuale, dare una spiegazione attendibile sulla base dei modelli scientifici in vigore.

I modelli scientifici sono, per loro natura, migliorabili dal momento che rappresentano solo una rappresentazione della realtà fenomenologica. Il modo più semplice per costruire questi modelli è quello di partire dal sistema semplificato, osservarne il comportamento, descriverlo matematicamente e quindi renderlo progressivamente più complicato. Se il modello ipotizzato per il sistema più semplice è robusto, allora esso sarà in grado di descrivere il comportamento (modello previsionale) del sistema via via più complesso. Nel momento in cui il sistema non può essere più descritto dal modello ipotizzato, questo non perde di validità, ma assume validità ristretta. Ovvero è valido solo per certe condizioni al contorno e non per tutte. Il cambiamento del modello per la descrizione del sistema complesso deve, necessariamente, includere quanto spiegato anche dal modello ristretto alle condizioni al contorno specifiche.

Un esempio per tutti. La legge dei gas ideali (PV=nRT) si applica solo per gas le cui particelle non interagiscono tra loro e sono puntiformi, cioè non hanno dimensione. I gas, in realtà, non solo sono costituiti da particelle che hanno un volume ma interagiscono anche tra loro. Tutti sanno (ed è intuitivo) che il moto stocastico delle particelle di un gas implica che esse si scontrino e rimbalzino in tutte le direzioni. Per tener conto sia delle interazioni tra le particelle e del fatto che il volume del gas è quello occupato dall’insieme delle particelle meno il volume delle stesse si elabora il modello di Van derWaals che tiene conto di questi due parametri. Questo modello, tuttavia, ha anch’esso validità ristretta perché, per esempio, non tiene conto della comprimibilità dei gas. Allora si elabora il modello del viriale. E potrei continuare.

l’osservazione sperimentale

Tutto quanto detto si basa su un fatto assolutamente incontrovertibile e da cui non si può prescindere: l’osservazione sperimentale. Affinché un modello possa essere validato ed essere ritenuto robusto (resistere nel tempo) è necessario fare le osservazioni sperimentali. Queste devono essere fatte secondo criteri ben precisi, ovvero il fenomeno deve essere sotto controllo ed essere riproducibile. Se questo non accade è impossibile elaborare un modello che abbia carattere predittivo generale. Dire che il fenomeno deve essere sotto controllo significa che bisogna conoscere tutti i parametri che consentono l’ottenimento del fenomeno e la sua osservazione. Per esempio, a seconda dei casi, possono essere importanti temperatura, pressione, umidità, fase del sistema etcetc etc. Alla luce dell’insieme di questi parametri si elabora un’ipotesi e si riproduce il fenomeno. Se il fenomeno non avviene nello stesso modo in cui è stato osservato in precedenza, allora vuol dire che non si sono considerate tutte le possibili condizioni al contorno. Bisogna, quindi, variare queste condizioni fino a che non si ottiene esattamente lo stesso fenomeno. A questo punto si incominciano a variare tutti i possibili parametri in modo da falsificare il modello. Questo vuol dire che si cerca di trovare in tutti i modi possibile quell’unico parametro o quella serie di parametri che rendono non vero il modello proposto. Quando questo avviene (ed è il 90% dei casi) si cambia ipotesi e si procede fino a che non si trova un modello che non si riesce a falsificare. Il punto successivo è quello di rendere pubblico il modello e fare in modo che chi lo desidera possa verificare la validità del modello.

Condizioni per un nuovo modello

Frequentemente accade che il modello venga falsificato da persone di gruppi di ricerca che non sono coinvolti fin dal primo momento nella ricerca del modello. Tuttavia, il nuovo modello proposto da questi nuovi ricercatori deve tener conto anche del vecchio, ovvero deve spiegare il comportamento già osservato dai primi ricercatori più le nuove scoperte. Se il modello modificato tiene conto solo delle nuove osservazioni non può essere valido, ma è valido (come detto prima) solo per le specifiche condizioni al contorno.

Fatta questa lunga premessa, si può dire che quelli che vengono ritenuti come fenomeni paranormali sono, in realtà, fenomeni anomali che non possono essere spiegati per diversi ordini di motivi. Il primo potrebbe essere la non riproducibilità del fenomeno. Se il fenomeno non è riproducibile, allora vuol dire che non si controllano tutte le condizioni al contorno perché il fenomeno accade una tantum e la sua rarità non consente di capire cosa bisogna controllare. Il punto di vista scientifico è, quindi, di lasciare il giudizio in sospeso fino a che non si sarà in grado di controllare tutte le condizioni al contorno.

I fulmini

Un esempio di quanto detto è quello dei fulmini di cui non si conosceva la natura fino a che non si è capita la chimica dell’atmosfera. Fino ad allora i fulmini erano considerati rivelazioni del divino. Un altro esempio sono i tornadi che ancora oggi sono difficili da modellizzare benché se ne sia capito molto. Ancora un esempio è legato alla teoria del flogisto che ha avuto un grande seguito fino a quando Lavoisier non ha capito che i processi di combustione sono dovuti a processi di ossidazione e non a perdita di un qualche cosa di non meglio definito. E potrei continuare. Tuttavia, la base comune di tutti questi fenomeni era la loro osservabilità, misurabilità e riproducibilità.

Il secondo motivo della anomalità dei fenomeni potrebbe essere semplicemente la loro non osservabilità. Ovvero il fenomeno semplicemente non è misurabile. Se un fenomeno non è misurabile vuol dire che non esiste, ma che è un’illusione della singola persona o della moltitudine. Qui l’esempio più classico è quello della pareidolia, della telecinesi e così via di seguito.

A questo punto si potrebbe obiettare, come ha fatto l’utente che ha iniziato questo confronto dialettico, che:

Io non posso dire che Diaspar non esiste in quanto la scienza non lo ha mai dimostrato

In realtà questo esempio è fuori luogo, scientificamente parlando, perché parte da un presupposto sbagliato. Infatti, questo commento implica la volontà da parte dello scienziato di non voler scientemente dimostrare l’esistenza di Diaspar, termine usato dall’utente per indicare un generico fenomeno paranormale. Scopo della scienza non è quello di dimostrare l’esistenza o meno di qualcosa. Lo scopo della scienza è quello di spiegare come avvengono i fenomeni osservabili. Se io non sono in grado di osservare Diaspar, semplicemente per me non solo non esiste, ma non ha alcun senso spiegarne il comportamento.

Cosa si conclude da tutto questo? Che i fenomeni paranormali non sono altro che il frutto della fantasia soggettiva. Non hanno alcun riscontro reale e rientrano nell’ambito delle favole.

Share