Notizie dal mondo scientifico. Mais antico e mais moderno

Quante volte sentiamo dire che i sapori di una volta erano migliori? Quante volte siamo costretti ad ascoltare che ciò che esisteva in passato era di gran lunga più “sano” di ciò che mangiamo oggi? Quante volte sentiamo dire che ciò che è naturale è certamente migliore di quanto otteniamo dall’agricoltura tradizionale?

Un lavoro appena pubblicato su Current Biology (una rivista molto accreditata con IF di 8.983 per il 2015) rivela che il corredo genetico del mais (Zea mays L. ssp. mays) di 5310 anni fa è del tutto simile a quello del mais moderno [1] ed è molto differente dal mais selvatico che è quello che oggi potrebbe essere indicato come “naturale” e, per questo, più salubre secondo l’accezione comune del concetto di “naturale”. In realtà, ciò che rende il mais domestico qualitativamente migliore rispetto a quello selvatico è la presenza di un gene che impedisce la formazione di un tegumento duro e, di conseguenza, difficile da mangiare e quella di un gene che impedisce alle pannocchie di sgretolarsi per effetto della maturazione. La caratterizzazione del genoma del mais evidenzia come fin dall’antichità (stiamo parlando di oltre 5000 anni fa) l’intento dell’uomo è stato quello di selezionare le caratteristiche genetiche per produrre alimenti facilmente digeribili e dalla elevata produttività; questo è esattamente ciò che ancora oggi facciamo con tecniche certamente diverse e più efficienti in termini economici e temporali [2].

Non esiste un prodotto “naturale” migliore di uno ottenuto mediante l’attività antropica; non esiste un sapore antico migliore di uno moderno. Questa tipologia di pensiero si basa su niente altro che il desiderio inconscio di ritrovare la spensieratezza di quando eravamo “piccoli” e senza alcuna responsabilità: i sapori di una volta diventano il nostro Paradiso perduto.

Riferimenti

[1] Ramos-Madrigal et al. (2016), Genome Sequence of a 5,310-Year-Old Maize Cob Provides Insights into the Early Stages of Maize Domestication, Volume 26, Issue 23, p 3195–3201, dx.doi.org/10.1016/j.cub.2016.09.036

[2] https://www.facebook.com/RinoConte1967/posts/1882838181937709

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