Uso questo spazio per esprimere la mia rabbia contro certi sedicenti scienziati che si permettono di pubblicare certe cose senza aver fatto un minimo di analisi critica dei dati che raccolgono. Quello che fa più male è che uno si fa in quattro per insegnare ai propri studenti il valore dell’analisi critica dei dati e poi appaiono in letteratura risultati che non stanno né in cielo né in terra. Il problema, poi, è che, essendo questi dati pubblicati, vengono presi senza senso critico e sbattuti in faccia a chi invoca attenzione alla lettura dei lavori scientifici.
Certo che se non entro nei dettagli, si capisce poco. Chiedo scusa ma sono veramente indignato.
Nelle solite discussioni Facebook sto intervenendo in un post in cui per l’ennesima volta si demonizza il glifosato. Un medico ha inserito un link ad una notizia (qui) dalla quale è possibile accedere ad un lavoro scientifico in cui si mette in correlazione causa-effetto il glifosato ed il tumore al fegato (qui). Quando si legge il lavoro pubblicato su Clinical Gastroenterology and Hepatology, si arriva ad un punto in cui è scritto:
“Glyphosate (women, 0.373 μg/L; standard deviation [SD], 0.41 vs men, 0.215 μg/L; SD, 0.17) (F = 5.18; P = .025) and glyphosate residue (women, 0.833 μg/L; SD, 0.67 vs men, 0.594 μg/L; SD, 0.38) (F = 4.09; P = .046) were elevated in women as compared with men“.
Hai voglia adesso a spiegare agli studenti l’importanza delle cifre significative (qui) quando in un lavoro pubblicato è scritto 0.373 ± 0.41 μg/L, oppure 0.215 ± 0.17 μg/L, oppure 0.833 ± 0.67 μg/L, o ancora 0.594 ± 0.38 μg/L. Ma, cosa ancora più grave, come si fa a spiegare agli studenti che non è possibile trarre una qualsiasi conclusione quando l’errore sperimentale è grande quanto il dato stesso (ovvero l’errore è del 100%)?
E quello che ho individuato non è l’unico passo falso. Eccone un altro:
“In multivariate models adjusting for age, sex, and body mass index, as compared with patients without NASH, AMPA (F = 5.39; P = .022) and glyphosate residue (F = 7.43; P = .008) were elevated in patients with definite NASH (Table 1). When compared with patients without advanced fibrosis (stages 0 and 1), patients with advanced fibrosis (stages 2, 3, and 4) had elevated AMPA (0.196 μg/L; SD, 0.20 vs 0.365 μg/L; SD, 0.33) (F = 9.44; P = .003), glyphosate residue (0.525 μg/L; SD, 0.38 vs 0.938 μg/L; SD, 0.372) (F = 11.9; P = .001), and glyphosate (0.230 μg/L; SD, 0.19 vs 0.351 μg/L; SD, 0.45) (F = 4.13; P = .046), respectively“.
Anche in queso caso si traggono conclusioni sulla base di risultati sperimentali con errori vicini o molto vicini al 100%.
Ma è mai possibile che i reviewers non si siano accorti di un simile obbrobrio scientifico?
E questo è solo uno dei lavori che i detrattori del glifosato usano come leva per spingere all’abolizione dell’uso di questo erbicida in agricoltura.
Stavolta il titolo è in inglese. “Fart chemistry” dà l’idea di qualcosa legato alla fantascienza. Invece si tratta di una chimica legata alla salute umana, e che, prosaicamente, può essere identificata come “chimica delle scoregge“. Ebbene sì. Le flatulenze con odori più o meno forti sono inquadrate nell’ambito di quel ramo della chimica/biochimica/medicina che viene indicato come “flatologia“. Gli scienziati che si occupano di flatologia sono indicati come “flatologi“.
Fart composition
La composizione chimica di una flatulenza cambia da individuo ad individuo in funzione delle caratteristiche del suo metabolismo e da ciò che mangia.
La composizione tipica, ma anche più semplice, è: azoto molecolare, idrogeno molecolare, anidride carbonica, ossigeno molecolare e metano. Si tratta, insomma, della composizione dell’aria che respiriamo, sebbene con rapporti relativi alquanto differenti. Per esempio il metano può raggiungere l’ammontare del 10% in volume nei casi più estremi.
Nessuno dei gas citati ha odore. Allora la domanda nasce spontanea: come mai le flatulenze hanno odori sgradevoli che vanno da quello delle uova marce a quello del pesce e della carne in putrefazione?
Ebbene, tutto dipende da ciò che mangiamo, come dicevo. La Figura 1 mostra le molecole più importanti che sono state identificate nei gas prodotti dal nostro intestino
Figura 1. Molecole tipiche presenti nei gas prodotti dal nostro intestino
Tra tutte le molecole mostrate in Figura 1, il tipico odore di uova marce è dovuto ai composti contenenti zolfo, l’odore di feci è dovuto a scatolo e indolo, le ammine volatili “sanno” di pesce andato a male, mentre l’odore degli acidi grassi a catena corta assomiglia a quello del burro rancido.
La cosa “simpatica” è che quando ero studente, i professori ci dicevano di fare attenzione quando maneggiavamo sistemi volatili contenenti zolfo. Questi hanno non solo la peculiarità del cattivo odore, ma anche quella di attaccarsi ai tessuti. Per questo motivo, i profs ci invitavano caldamente ad usare le cappe ed i camici per non rischiare di impestare i vestiti ed essere costretti a denudarci prima di poter entrare in casa. Insomma…se vi scappano flatulenze dal caratteristico odore di uova marce mentre siete seduti sul divano, ricordatevi che l’odore può persistere nel tempo perché le molecole descritte nella Figura 1 possono attaccarsi al tessuto del divano allontanandosi da esso molto lentamente.
Non c’è che dire. Una miscela micidiale in quanto a “profumo”. Apriamo le finestre
Quando ero più giovane andava per la maggiore una simpatica pubblicità sulla particella di sodio. Ve la ricordate?
Era simpatica, in effetti.
Il sodio in acqua
Il sodio è un elemento del primo gruppo della tavola periodica che ha la caratteristica di reagire violentemente con l’acqua in una reazione di ossido-riduzione che porta alla formazione dello ione Na+.
Ma non è di questo che voglio parlavi.
Il sodio e la salute umana
Che lo ione sodio sia coinvolto nei problemi cardiovascolari è ben acclarato nella letteratura medica. Di conseguenza, quando un individuo è affetto da ipertensione, il medico può consigliare l’uso di acque adatte alle diete iposodiche.
Lo stesso D.L. n. 176 del 8/10/2011, su G.U. Serie Generale n. 258 del 5/11/2011 citato poco fa, prende in considerazione la possibilità che un’acqua potabile possa avere un elevato contenuto di ione sodio. Infatti viene riportato che quando un’acqua ha un contenuto di sodio ≥ 200 mg L-1 essa deve essere obbligatoriamente indicata come “acqua sodica”. Come riportato nell’Enciclopedia Medica, le acque sodiche “sono indicate in stati di carenze specifiche”.
Consigli del Ministero della Salute
Se andiamo sul sito internet del Ministero della Salute (qui), leggiamo che “l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda un consumo massimo di 5 grammi al giorno di sale, corrispondenti a circa 2 grammi al giorno di sodio“. Questo vuol dire che dobbiamo limitare il consumo di sodio nell’alimentazione giornaliera utilizzando una corretta pratica alimentare. Si parla di ione sodio, non dell’elemento metallico che dà l’esplosione a contatto con l’acqua che avete visto nel secondo filmato di quest’articolo.
In che modo tenere sotto controllo l’assunzione di ione sodio? È lo stesso Ministero della Salute a suggerircelo:
Leggiamo attentamente l’etichetta nutrizionale per scegliere, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sale e cercare i prodotti a basso contenuto di sale, cioè inferiore a 0.3 grammi per 100 g (corrispondenti a 0.12 g di sodio)
Riduciamo l’uso di sale aggiunto in cucina, preferendo comunque, ove necessario, minime quantità di sale iodato.
Limitiamo l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse, ecc.) e utilizziamo in alternativa spezie, erbe aromatiche, succo di limone o aceto per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi.
Non portiamo in tavola sale o salse salate, in modo che non si acquisisca l’abitudine di aggiungere sale sui cibi, soprattutto tra i più giovani della famiglia.
Riduciamo il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola).
Scoliamo e risciacquiamo verdure e legumi in scatola, prima di consumarli.
Evitiamo l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini, almeno per il primo anno di vita.
Giocare con i numeri
Ritorniamo ai consigli dell’OMS. Dobbiamo scegliere quegli alimenti che contengano meno di 1200 mg kg-1 di sodio.
A questo punto quelli di voi che leggono solo distrattamente mi daranno del pazzo: da dove è venuto fuori questo numero così elevato? È scritto sopra: 0.12 g di sodio per 100 g di sale corrispondono a 1200 mg di sodio ogni chilogrammo (cioè 1000 g) di sale; è molto semplice fare i calcoli per cui non offendo la vostra intelligenza proponendoveli.
In parole povere mi sono messo a giocare coi numeri. Questo vezzo di giocare coi numeri per dare l’impressione che qualcosa sia diverso da quello che effettivamente è, è tipico di quanti, per lavoro, impostano le campagne pubblicitarie di tanti prodotti alimentari come le acque destinate al consumo umano introdotte col filmato sulla particella di sodio inserito all’inizio di questo articolo.
Ne volete un esempio? Eccovi la foto dell’etichetta dell’acqua che ho preso oggi a pranzo
Figura 1. Etichetta di una nota acqua minerale. Si noti il modo in cui viene espressa la concentrazione di sodio
È perfettamente evidenziato che la quantità di sodio è < 0.0005 %. Un numero spaventosamente piccolo, vero? Uno che legge distrattamente pensa: “WOW, praticamente non c’è sodio. Deve essere particolarmente adatta per gli ipertesi”. Ma guardando con attenzione, poco più su nell’etichetta è scritto che il contenuto di sodio è 4.1 mg L-1. Alla luce del D.L. n. 176 del 8/10/2011, su G.U. Serie Generale n. 258 del 5/11/2011 questa è un’acqua adatta per diete iposodiche.
Ma, adesso, dite la verità: 0.0005 non dà l’impressione di essere di gran lunga più piccolo di 4.1?
In realtà sono esattamente la stessa cosa. Sono state usate due unità di misura differenti per indicare lo stesso valore numerico (in realtà il valore percentuale è approssimato, ma non è importante ai fini della discussione). La legge impone di indicare il contenuto di sodio in mg L-1 ; l’azienda di imbottigliamento ha scelto di riportare, evidenziandolo a bella posta, anche il contenuto percentuale cosicché il consumatore distratto possa essere portato a pensare che la quantità di sodio sia molto più bassa di quella che effettivamente è. Si tratta di un escamotage che fa leva sulle sensazioni che nascono in noi quando leggiamo i numeri.
Conclusioni
Giocare con i numeri per suscitare sensazioni in modo da indirizzare le scelte dei consumatori è cosa molto comune. Non è una cosa grave. Non bisogna, tuttavia, farsi trarre in inganno. Le scelte, soprattutto alimentari, vanno fatte con oculatezza e sapendo ciò che si fa.
Fonte dell’immagine di copertina: https://commons.wikimedia.org/wiki/Water#/media/File:Water_Impact_0.jpg
“Biologi per
la Scienza” è una pagina Facebook che si occupa di divulgazione
scientifica e lo fa in modo egregio.
È gestita da tre ragazzi (mi permetto di appellare in questo
modo tre giovani adulti per la differenza di età che ci contraddistingue – ben
29 anni) che studiano ed hanno fatto della divulgazione la loro missione. Come
ho già scritto, fanno un lavoro egregio. Inutile dire che sono contro tutte le
sciocchezze che si leggono in giro sulla rete o su giornali che, invece di fare
corretta informazione, si trincerano dietro il politically correct e spalleggiano
posizioni che indicare come antiscientifiche è il minimo.
Ma non è questo il punto.
I tre ragazzi stanno portando avanti una battaglia a favore
delle vaccinazioni. Ne volete un esempio? Cliccate qui,
qui
e qui.
Inutile dire che nella loro attività, sono molto critici nei confronti dell’ordine
dei biologi la cui dirigenza ha finanziato analisi di alcuni vaccini ad una
società che dichiara di aver trovato impurezze inquietanti in alcuni vaccini. Solo
dopo il polverone mediatico (per esempio qui
e qui)
suscitato dall’analisi critica e nel merito di Enrico Bucci (la trovate qui)
in cui si dimostrava l’infondatezza dei risultati ottenuti, l’ordine dei
biologi ha fatto un passo indietro ritirando il finanziamento (qui),
ma, evidentemente, non l’appoggio morale come si evince dall’intervista
riportata qui
in cui viene detto: “innanzitutto la notizia è quella che questo finanziamento,
anche su invito di Corvelva, lo revochiamo” e dal convegno organizzato il 10
Marzo 2019 in cui si farà “il punto sui risultati delle analisi commissionate
dall’associazione CORVELVA su lotti di vaccini usati sia per uso civile che
militari” (qui).
L’attività dei Biologi
per la Scienza è finita anche su Nature come si può leggere in questo link.
Cosa succede ora? Appare un appello sulla pagina Biologi
per la Scienza. Lo riporto per intero qui sotto:
______________
Cari lettori
Noi, Gianluca Masella,
Giovanni Schiesaro e Riccardo Spanu, siamo gli amministratori di “Biologi per
la Scienza”. Vi scriviamo questo post perché siamo siamo stati citati in
giudizio al tribunale civile di Roma dall’ordine nazionale dei biologi.
La nostra pagina (di
tre studenti di 23 anni) ha da sempre avuto un taglio irriverente a cui abbiamo
coniugato una continua attenzione per una corretta divulgazione scientifica. Lo
abbiamo fatto perché non potevamo ritenere corretto che un ordine come quello
dei biologi potesse portare avanti conferenze e affermazioni infondate dal
punto di vista scientifico.
Il nostro è stato un
impegno preso sia come cittadini sia, soprattutto, come studenti universitari
che in un futuro prossimo lavoreranno nell’ambito scientifico e che si sentono
in dovere di ritornare alla comunità il frutto dei propri studi.
Abbiamo preso contatto
con un avvocato e per chi volesse sostenerci anche economicamente apriremo una
donazione libera (qui sotto) attraverso una piattaforma di crowdfunding. Se la
cifra dovesse superare i costi che avremo doneremo tutto in beneficienza a
medici senza frontiere e alle loro campagne di vaccinazione nei paesi del terzo
mondo.
In altre parole, Davide (ovvero i ragazzi di Biologi per la Scienza) si è trovato ad affrontare Golia (nella persona del presidente dell’ordine dei biologi) che, grazie alla sua posizione dominante, ha pensato bene di “colpirne uno per educarne cento”. La querela di parte che devono affrontare dei ragazzini (e le loro famiglie) probabilmente finirà con un accordo, ma richiederà un sacrificio economico che è sicuramente sostenibile da parte di un ordine professionale ma è molto meno sostenibile (e, certamente, molto più gravoso) per degli studenti e le loro famiglie.
A me il messaggio che appare è: “state attenti tutti quanti perché
in qualunque momento posso colpire il vostro portafogli”. Insomma, questa
querela di parte viene usata come deterrente per tentare di arginare l’impatto
mediatico che si è generato a causa delle analisi interpretate male da parte di
una associazione di persone che si dichiarano preoccupate per la salute
pubblica.
Adesso concludo.
I ragazzi di Biologi
per la Scienza hanno richiesto un aiuto economico per sostenere le spese
legali che necessariamente si troveranno ad affrontare (qui
e qui
trovate i link per le donazioni).
Io ho donato perché ritengo che le loro voci non debbano spegnersi; perché ritengo che come scienziato bisogna essere sempre vicini a chi cerca di fare del proprio meglio per la corretta divulgazione scientifica; perché ritengo che un ordine professionale che non sa affrontare con le argomentazioni una tenzóne scientifica ma usa la querela contro degli studenti come deterrente non stia dando una immagine di sè onorevole e specchiata.
Quante volte ho scritto di agricoltura biodinamica? Non si contano più (es. qui). Tra litigate in rete con pseudo scienziati di ogni tipo, persone che invadono senza alcun ritegno campi in cui non sono assolutamente competenti, personaggi che mascherano con la pseudo scienza i loro tornaconti personali, è diventato piuttosto noioso parlare sempre delle stesse cose. Tuttavia, ritengo che tornare di tanto in tanto alla carica sia piuttosto utile per non dimenticare che, nonostante gli sforzi compiuti, ci sono sempre quelli che continuano imperterriti a diffondere le cretinate più assurde.
L’ultima sciocchezza che mi è capitato di leggere è riportata su una rivista on line. Si tratta di WineNews, una rivista del settore enologico che riporta di una nuova tecnica biodinamica per la produzione di uno Champagne. Riporto qui sotto per comodità il breve articolo che potete leggere anche qui:
Gli appassionati di vino sono sempre a caccia di particolarità e novità. E dovranno aspettare fino al 2021 per poter degustare il primo champagne prodotto con la fermentazione in botti d’oro. A firmarlo, come giù riportato in passato da WineNews, la maison Champagne Leclerc Briant, che ha annunciato la data di rilascio al magazine Uk “The Drink Business”. Lo champagne, annata 2016, sarà prodotto dalla fermentazione nellebotti da 228 litri, fatte di acciaio all’esterno, ma rivestite di oro a 24 carati all’interno, create dall’azienda specializzata GD Industries. E sarà un vino prezioso in assoluto, visto che le uve arrivano dal vigneto La Croisette, una parcella di Chardonnay ad Epernay, che fa parte dei 14 ettari di proprietà della Maison. Vigneto che ha una particolarità, perché se tutta l’azienda è gestita secondo i criteri della biodinamica, nel vigneto La Croisette, spiega l’azienda, non è mai stata toccata da prodotti chimici di sintesi. Una scelta, quella dell’oro, dovuta al fatto che, spiega lo “chef de cave” Hervet Jestin, “l’oro amplifica i livelli dell’attività del sole durante la prima fermentazione, e crea connessioni con l’attività del cosmo”.
Si comprende che la tecnica messa a punto prevede la fermentazione in una botte rivestita all’interno di oro. Perché proprio questo prezioso metallo? È riportato in neretto: l’oro amplifica l’attività del sole e crea connessioni con l’attività del cosmo.
Siamo nel 2019, ovvero siamo nel ventunesimo secolo. Siamo andati più volte sulla Luna; abbiamo inviato nello spazio profondo astronavi alla scoperta di forme di vita simili alla nostra; abbiamo mappato il genoma umano; abbiamo prodotto macchinari avanzatissimi per la diagnostica medica così da essere in grado di scoprire patologie in tempi così rapidi da poter assicurare con ottime probabilità una sopravvivenza un tempo impossibile; stiamo studiando i computer quantistici e tanto altro ancora. È mai possibile che si debbano leggere ancora ed ancora queste enormi stupidaggini sull’influenza del sole e le connessioni col cosmo? Ma è mai possibile che l’autore di questo articolo non abbia provato un minimo di vergogna nel riportare in merito a fantasiosi influssi astrali? Perché non ha commentato in merito? Per quale motivo non ha fatto fare la figura dell’ignorante allo pseudo enologo che si è permesso di dire le sciocchezze che tutti possiamo leggere? Dove si è laureato questo enologo? Ha studiato un minimo di biochimica? Ma c’è qualcuno che veramente crede a queste stupidaggini?
Mi verrebbe da dire: se c’è qualcuno che le dice, se c’è qualcuno che le riporta senza battere ciglio, vuol dire che c’è anche qualcuno che evidentemente crede a queste scempiaggini. Del resto le leggi del mercato sono chiare: se c’è una domanda, c’è necessariamente anche un’offerta.
Cosa concludere? La fermentazione alcolica è un processo ben noto. Se volete averne un’idea dettagliata basta cliccare qui o leggere la figura riportata nell’immagine di copertina.
Come si evince, non c’è alcuna connessione con forze cosmiche e attività solari. Chi ha detto queste cose è indubbiamente uno che di biochimica non capisce assolutamente nulla. Vuole solo giustificare il prezzo sicuramente esoso a cui venderà le sue bottiglie per effetto del fatto che l’oro a 24 kt con cui intende ricoprire la superficie interna delle sue botti è particolarmente costoso.
Ognuno può fare quel che vuole dei propri soldi e del proprio destino, ma almeno non cerchi di prendere per idioti chi li ascolta o legge.
Immagine di copertina: La fermentazione alcolica (Fonte)
È con enorme piacere che informo i miei lettori di avere avuto il grande onore di essere stato incluso nel Comitato Scientifico dell’Osservatorio Buona Sanità.
Cos’è l’Osservatorio Buona Sanità?
Si tratta di un progetto finalizzato non solo alla corretta divulgazione scientifica ma anche alla raccolta di informazioni relative alla buona pratica medica che viene eseguita in tutti gli ospedali e che, purtroppo, riceve sempre una bassa visibilità mediatica.
Oggi è diventato fin troppo facile evidenziare solo le notizie che inseguono la pancia della gente solo per vendere una copia o avere un click in più in grado di portare un ritorno economico ai giornali (o pseudo tali) che pretendono di fare corretta informazione. Meno facile, invece, è sentire degli episodi di buona sanità di cui io stesso nella mia vita sono stato testimone. E mi riferisco ai reparti oncologici dell’Ospedale civile di Caserta e del Sant’Eugenio di Roma il cui personale ha aiutato noi familiari nella cura e nel sostegno verso il loro ultimo viaggio (so di essere molto pomposo ma mi serve per mantenere la freddezza mentre scrivo) prima mio padre (Ospedale civile di Caserta) e poi mia madre (Sant’Eugenio di Roma).
Sono onorato di essere incluso nel Comitato Scientifico dell’Osservatorio Buona Sanità anche perché sono l’unico chimico in mezzo a tantissimi medici ai quali dovrò chiedere molto aiuto per la comprensione dei testi di carattere medico che verosimilmente mi troverò a leggere e commentare. A oltre trenta anni di distanza probabilmente si realizza il sogno dei miei genitori che avrebbero desiderato avere un figlio medico, professione alla quale mi sono sempre opposto nel momento stesso in cui è nata in me la passione per la chimica (che io ricordo risalire ai tempi della prima liceo – correva l’anno 1982 – quando ebbi tra le mani la prima edizione della Chimica di Mario Rippa). Respirare aria medica non fa di me un medico, ovviamente. Ma essere parte dell’Osservatorio Buona Sanità è quanto di più vicino alla medicina io possa ritenere di essere giunto, considerando la mia passione e la mia propensione per la chimica.
A questo punto non mi resta altro da fare che invitarvi a visitare la pagina web dell’Osservatorio Buona Sanità che potete trovare qui sotto (basta cliccare sull’immagine)
e la pagina facebook che trovate qui sotto (cliccare sull’immagine)
Non lo faccio spesso, ma qualche volta ci sono articoli da altri blog che mi colpiscono molto favorevolmente. Questa volta condivido tutti i contenuti che AndreaGrignolio riporta in un suo articolo su Wired in merito al significato di “divulgazione scientifica” ed a cosa c’è di sbagliato nelle azioni dei divulgatori scientifici di professione.
Devo dire che tra i cosiddetti divulgatori professionisti è nato un nuovo sport (non so se diventerà una disciplina olimpica) che può essere indicato come “tiro al Burioni”.
Come nota il Prof. Grignolio nel suo articolo, oggi, più che concentrarsi sull’efficacia della comunicazione, che dipende in primis dal contenitore in cui il messaggio è veicolato, dal target a cui il messaggio è diretto (ovvero a chi si intende comunicare) e dal contesto storico culturale del momento, i cosiddetti comunicatori professionisti si concentrano “sullo stile [comunicativo di Burioni] in modo strumentale per attaccare l’autore del messaggio, confondendo cioè il messaggio con il messaggero”. Ciò che, quindi, appare è un indebolimento del messaggio che gli stessi comunicatori intenderebbero veicolare.
Ma non vi tedio più di tanto. Vi invito, invece, a leggere l’articolo completo al link qui sotto. Buona lettura.
Per una volta uso il mio blog per dar voce ad un documento che un certo numero di imprenditori agricoli e colleghi accademici, alcuni dei quali conosco personalmente, ha sottoposto all’attenzione dei nostri rappresentanti nel Parlamento della Repubblica. Si tratta di un documento che evidenzia tutti i limiti della cosiddetta agricoltura biologica, in cui ricade anche quella pratica esoterica che viene indicata come agricoltura biodinamica di cui ho parlato anche qui nelle famose sette domande ai firmatari della lettera aperta sulla libertà della scienza, alle quali Enrico Bucci ed io attendiamo ancora risposta.
Di agricoltura biologica, nel mio piccolo, ho discusso anche io in due documenti (qui e qui), uno dei quali era la lettera della Professoressa Cattaneo in risposta alle farneticazioni scritte da Michele Serra, noto giornalista italiano.
Nel documento inviato ai parlamentari, i firmatari (a cui mi sono appena aggiunto anche io) evidenziano come la migliore pratica agricola sia quella ottenuta dall’integrazione di tutte le migliori tecnologie al momento disponibili. Non voglio fare lo spoiler di questo documento che invito a leggere e firmare qui o cliccando sulla figura sottostante.
Quando scrivo nel blog cerco di fare chiarezza su argomenti di cui penso di capire qualcosa. Non mi aspetto di avere successo. In genere non so a quante persone arrivi il mio messaggio e se esso sia più o meno chiaro. Ho il polso della situazione solo se c’è un contatto diretto attraverso lo scambio di messaggi che sostituiscono l’interazione faccia a faccia che normalmente ho con gli studenti nella mia attività didattica. Molte volte mi scrivono persone che sono più esperte di me in un dato argomento e mi correggono. A queste persone sono molto grato perché non faccio altro che imparare cose nuove, esattamente come imparo, anno dopo anno, in che modo insegnare le mie materie dal confronto diretto con gli studenti.
Non mi sarei mai aspettato che il breve articolo in cui ho confutato alcune sciocchezze scritte dal Sig. Serra, giornalista votato alla difesa dell’agricoltura biologica e biodinamica ma senza avere basi scientifiche, sarebbe stato letto addirittura dalla Professoressa e Senatrice della Repubblica Elena Cattaneo.
Questa l’immagine della lettera arrivatami dal Senato della Repubblica
La risposta molto articolata della Professoressa Cattaneo è una lezione utilissima per comprendere in che cosa consista il lavoro di uno scienziato.
Uno scienziato non dice cose a caso inseguendo la pancia delle persone come fa il giornalista Serra.
Uno scienziato serio prima di scrivere/parlare studia e si documenta. Ogni sua affermazione è seguita da uno o più riferimenti così da fare in modo che il lettore possa rifarsi alle fonti originali e verificare per proprio conto le argomentazioni di chi scrive.
Serra, approfittando della sua posizione dominante in seno al giornalismo italiano, si permette di scrivere in modo superficiale tutto quello che gli passa per la testa usando affermazioni generaliste e parole prese dalla comunicazione scientifica da cui sottrae ogni possibile significato.
Come riportavo nel mio articolo (qui), non ci vuole molto a scrivere sciocchezze in poche righe. Ci vuole molto lavoro, dedizione e fatica per confutare le sciocchezze scritte da chi intende essere il “masaniello” della pancia dell’opinione pubblica.
La risposta della Professoressa Cattaneo alle argomentazioni di Serra è la prova di quali siano i sacrifici che uno scienziato deve affrontare quando una persona senza alcuna autorevolezza scientifica afferma delle corbellerie.
Al link qui (o anche cliccando sull’immagine sotto) le argomentazioni dettagliate della Professoressa Cattaneo al giornalista Serra.
Invito tutti a leggerle e diffonderle.
Fonte dell’immagine di copertina: archivio personale
In questi giorni si leggono tanti soloni discettare di dogmatismo scientifico perché il mondo accademico, almeno una parte consistente di esso, bolla come pseudoscientifiche le elucubrazioni esoteriche di chi cerca di ammantare di scientificità la pratica agricola che va sotto il nome di biodinamica®. Ricordo brevemente che si tratta di una pratica che si basa sulle concezioni filosofiche di Rudolf Steiner, vissuto tra il 1861 ed il 1925, il quale dettò alcune regole per la produzione alimentare che avevano come obiettivo l’equilibrio “spirituale” tra l’uomo e la Terra. Non è questo il momento per evidenziare le sciocchezze di Steiner. Ne ho scritto qualcosa qui e recentemente, assieme ad Enrico Bucci, ne ho parlato anche qui. Voglio, piuttosto, centrare l’attenzione sul fatto che i soliti redivivi Giordano Bruno e Galileo Galilei pensano di essere innovativi e che la scienza ufficiale brutta e cattiva si opponga alle loro novità per motivi economici o di arrivismo carrieristico. Tralasciando queste accuse che qualificano solo chi le fa, è da un po’ di tempo che non racconto di novità in ambito scientifico. Oggi voglio raccontarvi di nuove scoperte che la chimica – sì, proprio quella che produce le tanto vituperate sostanze tossiche (qui, per esempio) – sta facendo per aiutare la produzione agricola.
Chi mi segue sa che qualche volta ho parlato delle grandi scoperte scientifiche. Tra queste bisogna certamente annoverare il processo Haber-Bosch grazie al quale è possibile convertire l’azoto molecolare in ammoniaca.
Vi chiederete: embé?
Da un punto di vista chimico, l’azoto molecolare (N2) è una delle molecole più stabili (ovvero irreattive) che esistano in natura. L’energia di dissociazione della molecola di azoto è di circa 900 kJ mol-1. Ai non chimici questa informazione quantitativa è inutile. Vediamo di trasformarla in qualcosa di più comprensibile.
La reazione del processo Haber-Bosch (che potete trovare descritta qui) è:
N2 + 3H2 = 2NH3
Per ottenere questa conversione attualmente bisogna operare a 500 °C (contro i 600 °C del processo originario) e 150 bar (contro i 300 bar del processo originario). In altre parole, occorre una temperatura particolarmente alta (voi mettereste la mano nel piombo o nel rame fusi? Ecco…neanche io. 500 °C è una temperatura alla quale sia il rame che il piombo sono in fase liquida) ed una pressione altrettanto drastica (150 bar corrispondono approssimativamente alla pressione esercitata dall’acqua quando scendiamo ad una profondità di circa 1500 m).
L’importanza di questa reazione è legata al fatto che l’aria che noi respiriamo è costituita per l’80 % di azoto molecolare che è, quindi, disponibile a basso costo. La conversione Haber-Bosch consente di ottenere ammoniaca dalla quale poter, poi, sintetizzare molecole quali il solfato di ammonio che vengono usate, tra l’altro, per arricchire di azoto disponibile i suoli. Ricordo che l’azoto è un elemento importantissimo non solo per l’uomo, ma anche per le piante – ed in generale per tutti gli esseri viventi. Il motivo è che esso è presente in molecole come DNA e RNA, e nel nostro corredo proteico. Una carenza di azoto porta le piante a condizioni di stress in quanto esse non sono in grado di sintetizzare le predette molecole. Vi renderete conto, quindi, che l’uso di concimi a base di azoto è estremamente importante per conservare la fertilità dei suoli (che è la capacità di un suolo di sostenere la vita) e consentire la produzione alimentare per fornire sostentamento alla popolazione mondiale attualmente ancora in crescita.
Ebbene, fatta questa lunga premessa su un processo chimico oggi molto importante per le sue implicazioni in agricoltura, veniamo alla novità (l’articolo originale è qui. Se non avete possibilità di accesso a JACS, potete leggerne un riassunto qui).
Ricercatori statunitensi si sono messi a studiare in modo sistematico un fenomeno dall’apparente non riproducibilità.
Circa 75 anni fa si osservò che il biossido di titanio (TiO2), un composto inorganico usato come catalizzatore nella chimica verde, come sbiancante nelle vernici e nei dentifrici, nella forma allotropica indicata come rutilo (Figura 1) riesce a convertire l’azoto molecolare in ammoniaca secondo lo schema riportato più su in condizioni molto blande, ovvero temperatura e pressione ambiente.
Il fenomeno veniva osservato solo saltuariamente. Tuttavia, nel tempo un certo numero di ricercatori ha condotto studi computazionali dai quali si è evinto che la non ripetibilità della conversione era legata al fatto che centro dell’attenzione nell’ottenimento del biossido di titanio era un prodotto con elevato grado di purezza. Quando tracce di impurezze carboniose erano presenti sulla superficie del catalizzatore, esso funzionava ottimamente a temperatura e pressione ambiente per convertire azoto molecolare in ammoniaca. Nel lavoro su JACS (una delle riviste più autorevoli della American Chemical Society) sono riportate finalmente le prove sperimentali di quanto ottenuto attraverso la computazione.
Qual è la morale di questa storia. I “bufalari” sono usi opporsi alla scienza perché definiscono gli scienziati chiusi nelle loro posizioni dogmatiche. Questi ignoranti ed arroganti neanche si rendono conto che se un fenomeno non viene osservato, non c’è nessun motivo per studiarlo. Quali ipotesi si dovrebbero formulare se il fenomeno semplicemente non esiste? Invece, la conversione di azoto in ammoniaca, sebbene saltuaria, era evidente. Bisognava solo capire quali fossero le condizioni necessarie a rendere ripetibile e riproducibile il fenomeno. Una volta individuate queste condizioni, si è ottenuta la fissazione dell’azoto in modo più conveniente del processo Haber-Bosch. Si tratta ora solo di replicare lo studio in laboratori indipendenti e ingegnerizzate il tutto in modo da produrre fertilizzanti a costo molto più basso dell’attuale.
Altro che le scemenze sulla biodinamica o sulla agro-omeopatia che esistono solo nella testa dei seguaci di queste pseudoscienze.
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