The Higgs bison

The Higgs bison

Quanti di voi leggendo il titolo hanno pensato ad un errore di battitura? In effetti è noto il bosone di Higgs ed è ragionevole pensare che io mi metta a descrivere sulla mia pagina una cosa del genere. Ed invece no. Ritengo che il bosone di Higgs sia fin troppo inflazionato. Molto meglio parlare del bisonte di Higgs. Mi incuriosisce molto la storia evolutiva di un mammifero Europeo.

Qualche ora fa è apparso su Nature Communications un articolo in merito a indagini genetiche compiute su resti fossili. È emerso che i nostri progenitori dell’era glaciale conoscevano una tipologia di bisonte che per scherzo gli scienziati coinvolti nello studio hanno indicato come “Higgs bison”. Si tratta di un ibrido tra il progenitore estinto delle moderne vacche ed un bisonte che viveva circa 120000 anni fa nei prati ghiacciati tra l’Europa ed il Messico. Questo ibrido vissuto un po’ di tempo fa sembra essere il progenitore dei moderni bisonti che vivono protetti tra la Polonia e la Bielorussia. La conoscenza del suddetto ibrido da parte dei nostri progenitori sembra testimoniata da dipinti rupestri trovati sulle mura di diverse caverne in giro per l’Europa.

Per saperne di più

http://www.nature.com/articles/ncomms13158

Le ombre ed il principio di Archimede

Le ombre ed il principio di Archimede

Il principio di Archimede ci insegna che un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verso l’alto con una forza che è pari al peso del volume di liquido spostato. Questo principio, che descrive la cosiddetta spinta idrostatica, è alla base del principio di funzionamento di barche, navi e sottomarini. Tuttavia, mentre è abbastanza evidente cosa accade con oggetti così pesanti, è meno noto come il principio di Archimede possa spiegare il fatto che gli insetti camminino sull’acqua. Per questo motivo un gruppo di ricercatori ha inventato un modo per “misurare” la spinta idrostatica degli insetti. Hanno proiettato le ombre degli insetti “camminatori” su un foglio bianco posto alla base di un acquario. Utilizzando delle opportune fotografie, hanno messo in relazione l’intensità delle ombre generate dalla deformazione della superficie dell’acqua da parte delle zampette con la quantità di acqua che viene rimossa grazie ai peli presenti sulle zampette stesse. I ricercatori hanno concluso che la spinta idrostatica che consente agli insetti di camminare sull’acqua è legata proprio all’acqua rimossa grazie a questi “peletti”. La comprensione di questo meccanismo può essere alla base per la costruzione di microbot in grado anche essi di camminare sull’acqua

Per saperne di più:

https://www.sciencedaily.com/releas…/2016/…/161019132924.htm

http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.langmuir.6b02922

Nuove frontiere della frode scientifica – I –

Nuove frontiere della frode scientifica

A quanto pare non si può abbassare la guardia. Esistono delle organizzazioni, pare in Cina, specializzate nella vendita di authorship positions, ovvero prendono soldi da scienziati (che io definirei pseudo scienziati) per inserire il loro nome tra gli autori di lavori a cui non hanno mai partecipato. Il prezzo varia in funzione del prestigio della rivista a cui il lavoro viene sottomesso.

Le frodi, che sembrano per ora soltanto nell’ambito delle neuroscienze, possono essere riconosciute in base ad alcuni segnali che, tuttavia, non sono esclusivi. Esempi sono lettere di accompagnamento scritte in un inglese approssimativo, indirizzi e-mail non istituzionali, indirizzi e-mail identici ripetuti per autori differenti. La notizia che mi sembra di una gravità inaudita è riportata in modo esaustivo al seguente link:

http://retractionwatch.com/…/seven-signs-a-paper-was-for-s…/

I fluidi non newtoniani

Devo dire che la chimica è estremamente affascinante. Si imparano cose sempre nuove, anche se uno le ha studiate da tempo e già le conosce. Si rimane sempre sorpresi dal comportamento dei materiali. Soprattutto di certi sistemi fluidi che vanno sotto il nome di “fluidi non Newtoniani”.

Se siete chimici o fisici sono sicuro che li ha già sentiti. Ma chi non lo è, magari li ha avuti tra le mani senza rendersi conto che aveva a che fare con qualcosa dalle proprietà particolari.

Un fluido non newtoniano è un un fluido la cui viscosità varia a seconda dello sforzo di taglio che viene applicato. Questo significa che la viscosità (quindi la consistenza) del fluido non newtoniano dipende dall’intensità della forza che viene applicata ad una certa velocità. Per il breve lasso di tempo in cui viene applicata la forza, il liquido non newtoniano varia il suo stato da liquido a solido e viceversa.

Perché si chiama “liquido o fluido non newtoniano”? Semplicemente perché secondo la fluidodinamica classica elaborata da sir Isaac, la viscosità di un liquido è indipendente dalla forza applicata, ovvero le proprietà dei liquidi sono isotropiche (uguali in tutte le direzioni). Invece, esistono liquidi le cui proprietà sono anisotropiche, ovvero cambiano a seconda della direzione presa in considerazione. Nel caso specifico, la viscosità cambia a seconda della direzione lungo cui è applicata una forza.

Tipici fluidi non newtoniani? Per esempio il polimero reticolato mostrato nella foto che accompagna questa Pillola. Si tratta di una sorta di plastica (chiamata slime) che cambia forma a seconda di come viene maneggiata. Anche il dentifricio è un fluido non newtoniano

Qui un po’ di links che fanno vedere:
1. lo slime: http://www.sweetpaulmag.com/cra…/professor-figgys-glow-slime
2. il comportamento di un fluido non newtoniano: https://www.youtube.com/watch?v=AiLQ8zjE_BA
3. una lezione facile sui fluidi non newtoniani: http://www.urai.it/ftp/app/viscosimetria/corso/corso.pdf
4. come sia possibile camminare sulle acque: https://youtu.be/f2XQ97XHjVw

La biodiversità

La biodiversità

Fin da quando Darwin ha posto le basi della teoria dell’evoluzione è apparso chiaro, ed è diventato progressivamente sempre più evidente sotto il profilo sperimentale, che tutti gli organismi viventi hanno avuto origine da un progenitore comune che oggi noi chiamiamo LUCA, ovvero “Last universal common ancestor”. LUCA altro non è che il famoso brodo primordiale nel quale si sono realizzate tutte le condizioni chimico fisiche per la formazione delle protocellule e lo sviluppo del metabolismo che caratterizza tutti gli esseri viventi.

Solo l’evoluzione, associata all’adattamento alle condizioni ambientali, dal progenitore comune riesce a spiegare la similitudine tra il nostro patrimonio genetico e quello di tanti altri organismi viventi. Per esempio, oltre il 98% di similitudine esiste tra il DNA umano e quello degli scimpanzé, oltre il 90% di affinità esiste tra il DNA umano e quello dei topi mentre oltre il 50% di somiglianza accomuna il nostro DNA a quello delle piante (potremmo dire che quando mangiamo verdura siamo cannibali per il 50%).

La differenziazione genetica avviene in modo casuale per effetto di errori imprevedibili durante i processi di replicazione del DNA. La moltitudine di organismi che viene così generata è fatta da individui che sotto la spinta della pressione ambientale possono soccombere oppure sopravvivere. In quest’ultimo caso, il patrimonio genetico viene trasmesso alle generazioni successive.

Nel corso di milioni di anni, la differenziazione genetica ha prodotto l’insieme di organismi viventi (dai microorganismi all’uomo) che oggi siamo abituati a conoscere. In definitiva, tutti noi siamo il prodotto di modificazioni genetiche (ovvero alterazioni imprevedibili del DNA) che ci consentono di occupare delle ben precise nicchie ecologiche nelle quali siamo in grado di sopravvivere.

Cosa è, allora, la biodiversità? Volendo semplificare il più possibile, la biodiversità siamo tutti noi esseri viventi che variamo in numerosità intra- ed Inter- specie. Nella biodiversità vanno inclusi anche i compartimenti ambientali con i quali interagiamo e che interagiscono tra loro.

Il suolo come compartimento ambientale ha caratteristiche chimico, fisiche e biologiche che variano a seconda delle condizioni nelle quali esso si sviluppa. La variabilità di queste caratteristiche rappresenta la biodiversità dei suoli che, per i chimici del suolo come me, sono in tutto e per tutto dei veri e propri esseri viventi

Per saperne di più

Cristian De Duve, Alle origini della vita, Bollati Boringheri, 2011 (http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php…)

http://ww2.unime.it/snchimambiente/GAIA.doc

Come è fatto e come si ottiene l’olio di palma

Come è fatto e come si ottiene l’olio di palma

L’olio di palma è ottenuto dai frutti delle palme da olio che si presentano a grappoli. Questi frutti vengono raccolti e poi sottoposti all’azione del vapore in modo da disattivare la lipasi (1) e separare la polpa dai semi. La polpa così ottenuta viene pressata e l’olio opportunamente recuperato. L’olio ottenuto dalla pressatura della polpa viene chiarificato (2) per centrifugazione, quindi lavato con acqua calda e poi seccato. Il prodotto così ottenuto contiene un elevato ammontare di beta-carotene ed il suo colore varia dal giallo scuro al rosso. Durante la raffinazione (3) il colore giallo/rosso dell’olio di palma viene perso ed il prodotto finale si presenta di un colore giallo chiaro.
La composizione percentuale media in acidi grassi (4) dell’olio di palma è:

14:0 – 1%
16:0 – 43.8%
16:1 – 0.5%
18:0 – 5%
18:1 (9) – 39%
18:2 (9, 12) – 10%
18:3 (9, 12, 15) – 0.2%
20:0 – 0.5%

Come si evince dalla tabella, l’olio di palma è, per lo più, costituito da acidi grassi saturi e contiene un acido grasso monoinsaturo a 18 atomi di carbonio in quantità vicine al 40% in peso del totale.

L’olio di palma fa male? non più di tanti altri oli alimentari. Come per ogni alimento, è la dose che fa il veleno. Un consumo oculato di olio di palma (negli alimenti che lo contengono) non comporta assolutamente nulla, esattamente come un consumo oculato di un qualsiasi altro tipo di olio.

E la Nutella che contiene olio di palma? La Nutella fa male solo se ne viene ingurgitata una quantità notevole. Ma non è l’olio di palma a creare problemi quanto, piuttosto, l’elevato contenuto in zuccheri che può sfociare nel diabete

Note
(1) Lipasi – si tratta di un enzima che ha la funzione di degradare gli acidi grassi
(2) La chiarificazione di un olio consiste nella separazione dall’olio di tutte quelle componenti che ne possono compromettere la qualità nel corso del tempo. In altre parole vengono allontanate le sostanze che possono favorire fenomeni di ossidazione, idrolisi e fermentazione
(3) La raffinazione di un olio viene effettuata ogni qual volta esso non viene ottenuto attraverso la semplice spremitura dei semi (come nel caso dell’olio extra vergine di oliva). Questa procedura consiste nell’allontanamento di sostanze che possono essere pericolose o alterare il sapore del prodotto. Per esempio la raffinazione degli oli, in generale, serve per la rimozione della lecitina, degli acidi grassi liberi, per la decolorazione, il degommaggio e la rimozione di odori sgradevoli
(4) Un acido grasso viene indicato con due numeri separati dal segno “:” come per esempio x:y. Il primo numero (la x) indica il numero di atomi di carbonio; il secondo numero, la y, indica quanti doppi legami ci sono. Se y=0 si ha un acido grasso saturo. Se y è diverso da zero si ha un acido grasso insaturo, ovvero con uno o più doppi legami. Se è necessario individuare la posizione del doppio legame, la coppia di numeri viene fatta seguire da un numero tra parentesi tonda che indica l’atomo di carbonio dove si trova il doppio legame. Per esempio, 18:2 (9, 12) sta ad indicare un acido grasso a 18 atomi di carbonio con due doppi legami, uno in posizione 9 e l’altro in posizione 12.

Per saperne di più:

Belitz, Grosch e Schieberle Food Chemistry, Springer (2009)

Olio di palma, qualche precisazione in più

Fortuna o bravura? osservazioni inusuali sul metodo scientifico.

Fortuna o bravura?

Si sa come funziona il metodo scientifico. Si osserva un fenomeno; si fanno delle ipotesi; si eseguono esperimenti; se l’ipotesi è verificata, si rifanno esperimenti cercando di invalidare le ipotesi fatte; se l’ipotesi non viene falsificata, allora può essere considerata come un utile modello della realtà, fino a quando un nuovo modello più completo non sostituisca quello vecchio.

Una parte importante di tutto questo è la pubblicazione dei risultati. Uno studioso che segue il metodo scientifico, ad un certo punto della sua attività, mette assieme quello che ha fatto in uno scritto (una volta si chiamava manoscritto) e lo sottopone all’attenzione della comunità internazionale di riferimento. L’intento è l’avanzamento delle conoscenze, ovvero mettere a disposizione i propri risultati in modo tale che chiunque voglia possa riprodurre gli stessi risultati, formulare nuove ipotesi e sostituire il vecchio modello.

Quanto di ciò che viene pubblicato e diventa noto al grande pubblico è dovuto a reale bravura dello studioso e quanto a pura fortuna? Oggi uno studio “scientifico” ce lo dice. Science, nella sezione News [1], riporta che è vero che uno studioso deve avere una grande preparazione per poter affrontare un problema più o meno complesso, ma è anche vero che la “comunicazione” gioca un ruolo importante. Non basta essere bravi, ma bisogna anche saper comunicare quello che si fa. Bastano bravura e comunicatività? No. Serve anche la fortuna. Devo dire che non mi aspetavo di veder sdoganato il fattore “C” [2] sotto l’aspetto scientifico…Va bene…diciamo sotto l’aspetto statistico che è meglio. In ogni caso l’articolo nelle News di Science è abbastanza divertente. Ne raccomando la lettura 🙂

Riferimenti:

[1] http://www.sciencemag.org/…/hey-scientists-how-much-your-pu…

[2] fattore “C”. C’è bisogno di definirlo? 😀

Le piante a l’anidride carbonica di origine antropica

Le piante e l’anidride carbonica di origine antropica

Una interessante sorpresa è riportata in un recente lavoro apparso on line ieri 8 Nov 2016 su Nature Communications.

Gli autori hanno evidenziato che sembra esserci una “pausa” nell’incremento di anidride carbonica atomosferica ed un decremento nella frazione antropogenica della stessa, sebbene le emissioni di CO2 di origine antropica non solo non sono diminuite, ma, addirittura, aumentate. Questa pausa viene attribuita ad un effetto a lungo termine delle corrette pratiche agronomiche che privilegiano l’ecosistema terrestre come carbon sink (ovvero serbatoio per immagazzinare il carbonio impedendone la degradazione a CO2) e all’effetto che sia le grosse quantità di CO2 che le temperature in aumento hanno sul metabolismo vegetale.

La domesticazione del tacchino

La domesticazione del tacchino

E’ un po’ di tempo che non scrivo. Ho avuto problemi che mi hanno impedito di dedicarmi all’attività divulgativa. Ora riprendo e torno alla normalità con una notizia sul tacchino, cibo preferito dagli Statunitensi nel thanksgiving day.

Sapete che il tacchino è un animale domesticato piuttosto recentemente? Beh…un lavoro archeologico fatto su raccolte di ossa di tacchino in Messico ha dimostrato che questo animale è stato domesticato intorno al 400-500 d.C., ovvero circa 1500 anni fa. Rispetto al momento in cui è nata l’agricoltura (circa 10000 anni fa) si tratta di un processo di domesticazione avvenuto veramente in epoche recenti. Devo dire che la storia dell’agrticoltura è sempre molto affascinante

Le vaccinazioni

Le vaccinazioni

In questa sede faccio divulgazione scientifica. Mi diverto nella divulgazione delle notizie che più mi incuriosiscono o mi appassionano, sperando che la stessa curiosità e passione coinvolgano i lettori che accedono a questa pagina. Devo notare, con enorme dispiacere, che aumenta di giorno in giorno il numero di persone che, in nome di uno scetticismo mal riposto, si oppongono alle vaccinazioni.

Oggi sembra andare di moda lo scetticismo. Mi sento di dire che la parola “scetticismo” sembra entrata preponderantemente nel vocabolario di tante persone che si reputano intelligenti e soprattutto amano fare i radical chic. Nel caso dei vaccini lo scetticismo consiste nel ritenere che questi siano inutili perché si pensa che le malattie contro le quali essi ci difendono siano state debellate. Ed, invece, notizie recenti evidenziano come non solo esse non siano state debellate, ma ritornano in auge nel momento in cui la copertura vaccinale non assicura più la cosiddetta immunità di gregge [1, 2, 3].

Bisogna evidenziare che ognuno è libero di agire come vuole. Questo concetto di libertà, tuttavia, non è estensibile in maniera indefinita perché la libertà di ognuno finisce laddove comincia la libertà degli altri. Nel caso specifico dei vaccini, il non vaccinare (alla luce di un presunto diritto a salvaguardare la salute individuale dal pericolo vaccini assolutamente non documentato) espone individui, che per diversi motivi non possono essere vaccinati [4], a patologie da cui ci si potrebbe difendere solo attraverso l’immunità di gregge [3]. Ben vengano, quindi, le norme che impongono la vaccinazione obbligatoria in età prescolare per poter ammettere i bambini alla frequenza scolastica [5].

Non sono un medico, pur occupandomi di scienza. Per questo motivo, rimando a pagine pubbliche gestite da persone più preparate di me per comprendere l’utilità dei vaccini:

Qui la pagina del Dr. Roberto Burioni:
https://www.facebook.com/robertoburioniMD/?fref=ts

Qui la pagina Vaccinarsi di Ulrike Schmidleithner: https://www.facebook.com/VaccinarSI.Vaccinfo/?fref=ts

Qui il blog di Ulrike Schmidleithner: http://vaccinarsi.blogspot.it/

Riferimenti
[1] http://www.lastampa.it/…/allarme-per-il-ritorno…/pagina.html
[2] http://bologna.repubblica.it/…/bimba_di_un_mese_muore_di_p…/
[3] http://vaccinarsi.blogspot.it/…/limmunita-di-gregge-esiste-…
[4] http://www.salute.gov.it/…/c_17_opuscoliposter_133_allegato…
[5] http://www.truenumbers.it/bambini-non-vaccinati/

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